Quattordici spine di Rosario Russo

Con Quattordici spine di Rosario Russo ci troviamo in Sicilia, esattamente ad Acireale. Un efferato delitto sconvolge la routine quotidiana: Don Mario Spina, canonico della basilica di San Pietro, viene ritrovato senza vita all’interno della sacrestia, ucciso con decine di colpi d’arma da taglio. Inoltre, da un’antica credenza sono state trafugate le spoglie del maggiore artista locale, Paolo Vasta.

L’ispettore di polizia Luigi Traversa, da poco arrivato dal Veneto, si ritrova a indagare su un delitto a tratti inspiegabile. Chi è stato a compiere quell’orrendo crimine? E quale misterioso passato nasconde il poliziotto, giunto all’improvviso in città?
Quattordici giorni serviranno a Traversa per risolvere il caso, togliendo una spina alla volta da quel pericoloso fico d’India tutto siciliano che, una volta ripulito, mostrerà all’ispettore la terrificante verità.

Quattordici spine (Algra editore, 2019) del giovane scrittore Rosario Russo che dopo il successo del suo primo romanzo, un romanzo storico Il Martirio del Bagolaro, debutta con un thriller nato da un racconto scritto nel 2018.
Un romanzo scritto bene che ti coinvolge sin dall’incipit, che offre molti colpi di scena e che ci fa conoscere un ispettore che viene dal Nord, non ama mangiare pesce, beve litri di Nescafè, ha una capacità di indagare e una logica unica ma è anche un uomo di oggi con i suoi tormenti, le sue ansie. Rosario Russo conosce l’animo umano e lo mette a nudo ma conosce altrettanto bene la sua terra natia di cui ne descrive ogni dettaglio, ogni contraddizione, ogni bellezza.

Quattordici spine è un poliziesco, un giallo, che si legge in un fiato che già dal titolo ti suggerisce lo sviluppo della trama: quattordici spine, quattordici giorni, quattordici step da superare per districare la storia, per scoprire chi e perché ha ucciso Don Mario Spina ma anche per capire l’anima della Sicilia e del protagonista che speriamo di ritrovare presto in un’altra avventura.
Il giovane autore è riuscito con freschezza e modernità a ricreare un Bellodi dei giorni nostri - il noto ispettore di Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia- e a mostrare una “Vicata” diversa, barocca, bagnata dallo Ionio, con sapori, colori e un dialetto lontano da quello usato da Andrea Camilleri. Consigliato perché ha tutti i canoni dei migliori gialli, ma con un’impronta personale e nuova.