Raccontare il viaggio
- Autore: Andrea Bocconi
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
“Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita senza mai scalfire la superficie dei luoghi né imparare nulla dalle genti appena sfiorate. Il senso del viaggio sta nel fermarsi ed ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare. Camminando si apprende la vita, camminando si conoscono le cose, camminando si sanano le ferite del giorno prima. Cammina guardando una stella, ascoltando una voce, seguendo le orme di altri passi. Cammina cercando la vita curando le ferite lasciate dai dolori. Niente può cancellare il ricordo del cammino percorso” (Rubèn Blades).
Andrea Bocconi e Guido Bosticco, docenti della associazione Scuola del viaggio insieme a Vince Cammarata, Andrea Canepari, Stefano Favarelli e Claudio Visentin, firmano “Raccontare il viaggio” un manuale che, come recita il sottotitolo, contiene “30 lezioni dalla scrittura all’immagine”.
La finalità del volume è quella di dare un senso a quel che si è visto e di riviverlo successivamente, a distanza, trovando anche ispirazione per nuove avventure di viaggio. Quello che spinge a scrivere è il piacere di condividere ciò che si è visto con altre persone, pubblicandolo e raccontandolo su riviste, giornali, blog o social.
In trenta lezioni Andrea Bocconi e Guido Bosticco vogliono svelare i segreti della narrativa di viaggio nelle sue varie espressioni: dal reportage giornalistico al diario, dal blog al carnet de voyage.
Vengono specificate le tecniche, gli esercizi, e vengono dati suggerimenti pratici su tutte le forme di racconto, anche quelle realizzate con foto, video o disegni. Nei laboratori della Scuola del viaggio, si fanno periodicamente degli esercizi di scrittura in cui si chiede agli studenti di raccontare un incontro con uno straniero. Poi si chiede loro di non includere fra questi incontri, quelli avvenuti per ragioni professionali: lo straniero incontrato cioè, non può essere un tassista, il portiere dell’albergo, la cameriera, la guida turistica; ecco allora che il numero delle persone diminuisce o si azzera del tutto. Ci si rende conto che una esperienza di viaggio anche prolungata non ha permesso un contatto vero e autentico con la gente del luogo. Questo ciò accade è perché il viaggio è stato troppo turistico, organizzato, protetto: è stata così negata l’esperienza e l’essenza stessa del viaggio.
Il mondo del turismo organizzato fa una promessa impossibile, quella di togliere ogni fastidio senza togliere il piacere del viaggio. Non può però essere davvero così dal momento che le gioie e dolori sono legate fra loro. È nata da questa considerazione, intorno al 2005, l’idea di un seminario universitario dedicato a una riflessione sul viaggio. Una Scuola del viaggio, e non un’accademia, dove si insegna, ma per sollecitare riflessioni. È stato un esperimento riuscito che è continuato nella forma di una Associazione.
La fotografia è stata presa come spunto per scrivere un racconto e per raccogliere dati, fotografie che accompagnino la scrittura. “Raccontare il viaggio” è stato scritto a più mani, raccogliendo così sensibilità e maniere diverse di descrivere un’esperienza di viaggio. Il problema di come raccontare un viaggio è molto sentito. Il momento più positivo è prima della partenza, quando ancora lo si immagina e, poi, al ritorno, quando si sente la necessità di condividere l’esperienza fatta, raccontandola agli amici. Spesso però questi ultimi si danno per impegnati ancor prima di dire loro il giorno in cui si vorrebbe mostrare e raccontare loro il viaggio.
Ciò è dovuto a due ragioni di fondo. La prima è che si pensa che il viaggio non è stato poi così interessante, perché turistico, programmato anche nelle emozioni. Per renderlo interessante, occorre sia stata veramente un’esperienza a tutto tondo altrimenti bisogna saperla ben raccontare.
Secondo Andrea Bocconi e Guido Bosticco raccontare un viaggio è un esercizio di seduzione: occorre sottacere parti spiacevoli come le alzatacce, ad esempio. In ambito fotografico ciò si traduce in una rappresentazione particolare, soggettiva. Alcuni credono che fotografando, si colga l’attimo mentre altri, di contro, pensano si perda l’attimo. I primi si possono definire fotocompulsivi mentre i secondi fotorepulsivi.
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