La Regia Marina fuori dal Mediterraneo
- Autore: Daniele Lembo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2012
Molto si è scritto sulla partecipazione italiana alla prima parte della seconda guerra mondiale, dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943, in Mediterraneo, contro la flotta inglese, la più potente in quel bacino. Molto meno è stata considerata, invece, la presenza della nostra Marina in altri scenari marittimi. Da qui l’interesse del saggio storico di Daniele Lembo, pubblicista salernitano - originario di Minori, sulla Costiera Amalfitana, scomparso prematuramente nel 2013, a 52 anni - “La Regia Marina fuori dal Mediterraneo. Mar Rosso, Atlantico, Mar Nero” (pp. 106, euro 14,00 euro), pubblicato in prima edizione nel 2012 dall’IBN, Istituto Bibliografico Napoleone di Roma.
La nostra forza navale, poco più di sei mesi prima della dichiarazione di guerra, schierava in linea 2 corazzate, 22 incrociatori. 61 cacciatorpediniere, 71 torpediniere, 107 sommergibili, 71 mas e 60 piccole unità mercantili per la vigilanza foranea antiaerea. Lo si evince dalla relazione del Comando Supremo sulla situazione delle forze armate italiane al 1 novembre 1939.
Altre 4 corazzate si sarebbero aggiunte nel 1940, a rendere la nostra flotta l’Arma più efficace alla vigilia dell’ingresso nel conflitto, sebbene fosse stata creata senza uno sviluppo omogeneo di tutte le componenti. Mancava di una portaerei e disponeva di scorte di nafta insufficienti (5 mesi nel territorio metropolitano, 75 giorni in Egeo e 45 in Africa Orienta le) ad assicurare un’operatività senza condizionamenti. Se anche però si fosse riusciti ad acquisire altro carburante, sarebbe stato difficile stoccarlo, per la capienza limitata dei depositi.
Quella che si elevava sul resto della compagine era la numerosa flotta sottomarina, allora seconda per numero di unità solo alla Russia e tuttavia carente di un concetto tattico moderno, che andasse oltre l’antiquata attesa del transito nemico da zone di agguato fisse di singole unità subacquee.
Daniele Lembo esamina le aree di operazione extra mediterranee a cominciare dal Mar Rosso, dove insieme ad una flottiglia piuttosto attempata di cacciatorpediniere stazionavano gli 8 sommergibili dell’VIII Gruppo. Questi, per tre quarti oceanici, si trovarono fin dai primi giorni di guerra ad agire in condizioni climatiche proibitive. All’interno la temperatura toccava i 45°, affrontata con impianti refrigeranti difettosi, che causarono drammatiche intossicazioni e avvelenamenti, tali da mettere fuori gioco equipaggi interi.
Il resto lo fece la cattura del Galilei. Rimorchiato nel porto di Aden e ispezionato, regalò al nemico il cifrario segreto e l’ordine di operazione di tutti i mezzi italiani in quelle acque.
Nel 1941, quando la sorte della colonia nel Corno d’Africa era segnata, tutte le unità superstiti ebbero l’ordine di tentare il ritorno in patria. Missione impossibile, visto che gli inglesi controllavano il canale di Suez e l’altra porta del Mar Rosso, lo stretto di Bab el Mandeb. Eppure, una nave coloniale, l’Eritrea e un battello ancora più piccolo raggiunsero il Giappone. Quanto ai sommergibili, ben quattro riuscirono ad attraversare due oceani fino alla Francia occupata dai tedeschi. Il "Perla" impiegò addirittura ottanta giorni.
Nel porto fluviale di Bordeaux, collegato dalla Gironda al Golfo di Biscaglia, era allestita la base navale italiana di Betasom. Servizi e bacini potevano ospitarvi fino a trenta grandi sommergibili. Trentadue oceanici agirono complessivamente in Atlantico. Tra loro, il Barbarigo, il Da Vinci e il Cappellini, protagonisti di azioni interessanti, ovviamente ricostruite da Lembo.
Vicende in gran parte note, al contrario di quelle della nostra Marina nelle acque della Crimea. Nel 1942, i tedeschi assediavano la piazzaforte di Sebastopoli, protetta da una componente navale russa alla quale non avevano nulla da opporre, non potendo forzare i Dardanelli per ragioni politiche. L’idea fu di chiedere agli italiani di trasferire fin laggiù qualche loro veloci e manovrabile motoscafo armato, il Mas. Trasporto su camion da Venezia a Vienna, poi motori in acqua sul Danubio, fino a Costanza e Yalta. Nell’impiego delle piccole ma aggressive unità siluranti e antisom eravamo all’avanguardia, fin dal 1915-18. Fu così che la X Mas andò a operare in Mar Nero e lo fece decisamente bene.
Il libro si conclude con una pagina oscura della nostra storia. L’ultimo capitolo ha per titolo
“L’ombra del tradimento sulla Regia Marina, la ’compravendita’ delle navi italiane”.
Certo, il vantaggio del nemico di conoscere ogni mossa spiega le nostre sconfitte. Avevano ricostruito in tutto segreto (Operazione Ultra) la macchina Enigma che cifrava le comunicazioni segrete germaniche. I nostri comandi erano tenuti a comunicare ogni mossa ai tedeschi e questi giravano i messaggi cifrati a Berlino, ma senza saperlo comunicavano tutto al nemico. Per l’autore questo non basta ad allontanare il sospetto di qualche "falla" spionistica in alto, molto in alto, fino ai vertici della Regia Marina. È argomento sgradevole, ma nel lavoro di Daniele Lembo viene trattato, facendo il punto della saggistica storica e delle vicende giudiziarie relative. Se vera, è una gran brutta storia.
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