Ricordare stanca
- Autore: Massimo Coco
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2012
L’assassinio di mio padre e le altre ferite mai chiuse
L’8 giugno 1976, a Genova, il procuratore generale Francesco Coco venne falciato insieme con Antioco Deiana e Giovanni Saponara, i due uomini della scorta, dal piombo delle Brigate Rosse. Suo figlio Massimo, allora, era un ragazzo di appena quindici anni. Oggi è un uomo maturo, padre a sua volta di un bambino con il nome del nonno mai conosciuto, violinista e docente al Conservatorio Niccolò Paganini del capoluogo ligure, che ancora si porta dentro quella perdita – e come potrebbe essere altrimenti? - , autore di Ricordare stanca, edito da Sperling & Kupfer nel 2012.
Questo libro di dolore racconta la sofferenza di un uomo non rassegnato, vittima ma non vinto. Già, perché le pagine di Massimo Coco grondano rabbia e rancore nei confronti di chi ha distrutto la sua adolescenza: l’autore non "spinge la notte più in là", né intende dialogare con chi ha seminato lutti né provare a capire le ragioni dei carnefici, i quali, a distanza di anni, non sono mai stati identificati. Nessuno spazio per il perdono, come, per esempio, ha avuto la forza di accordare la famiglia di Vittorio Bachelet, ucciso nel 1980 da un commando brigatista sulle scalinate dell’università La Sapienza di Roma.
Ricordare stanca è polemica aperta, chiara e netta sull’ipocrita strumentalizzazione mediatica di ricordare le vittime del terrorismo attraverso commemorazioni e riti stantii, cerimonie paludate e formali allestite da quelle istituzioni politiche spesso dimentiche di coloro che hanno avuto la disgrazia di perdere i propri cari in nome della legalità. Massimo Coco, al contrario di altri nella la sua stessa condizione, grida ad alta voce, senza diplomazia, tutta la propria indignazione nel constatare l’eccessiva visibilità mediatica concessa ad alcuni ex terroristi, in qualche caso anche importanti incarichi pubblici. Il figlio del magistrato non ci sta a uniformarsi al coro buonista delle riconciliazioni, del perdonismo, del chiudere una volta per tutte con quel passato di morte.
Insomma, l’autore scrive - davvero con pregevole e raffinato stile - la propria storia drammatica, punteggiata di alcuni passaggi strazianti, screziata anche da amare note di sarcasmo. Tuttavia, niente toni pietistici, lacrimosi, compassionevoli, soltanto ricordi, aneddoti, stati d’animo di chi ha avuto per genitore un uomo di legge rigoroso nel combattere l’eversione:
- gli anni dell’infanzia, della scuola, dei trasferimenti della famiglia da una regione all’altra per motivi di servizio;
- la passione per lo studio del violino, sempre incoraggiata e sostenuta dal padre;
- la vita giornaliera dei Coco accompagnati ovunque dagli uomini della scorta;
- il momento della tragedia, lo shock, lo sgomento, la pena, il funerale;
- l’elaborazione del lutto con l’impossibilità di rimuovere quel trauma.
Autentica testimonianza di tormento interiore, di lacerante struggimento per una vicenda umana davanti a cui ogni giudizio rischia di apparire inopportuno.
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