Rivolta per l’impero
- Autore: Simon Scarrow
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2024
L’ex centurione Macrone è disperso, forse ucciso nel massacro compiuto dai nativi Iceni a Camulodunum, colonia romana in Britannia. Il prefetto e amico di sempre Catone è con il governatore Svetonio Paolino, generale a capo dell’esercito romano minacciato da decine di migliaia di guerrieri delle tribù ribelli, riuniti attorno alla fiera regina icena Budicca, per cacciare gli occupanti dall’isola. Non comincia bene per Roma, nel 61 d.C., il più recente titolo della saga Eagles of the Empire di Simon Scarrow, tradotto da Francesca Gazzaniga per Newton Compton, Rivolta per l’impero (ottobre 2024, collana Nuova Narrativa Newton). È il del ventiduesimo e si annuncia penultimo della serie, avviata nel 2000, con Under the Eagle, da noi Sotto l’aquila di Roma, pubblicato nel 2009 dalle edizioni romane. Il precedente è stato Nel nome di Roma (2023), sempre per i tipi Newton Compton, come tutti.
A maggio del 2024 si contavano in 54 i romanzi del nigeriano bianco (nato da genitori inglesi a Lagos nel 1962), 53 dei quali di contenuto storico e ben 45 ambientati nell’età dell’Urbe antica.
I problemi per i Romani in Britannia si devono al procuratore civile della provincia, Cato Deciano, un arrogante, avido e opportunista, alla cui condotta crudelmente offensiva nei confronti di Budicca (torturata e violata con le due figlie) si deve il divampare della rivolta sempre latente tra le instabili ma frammentate popolazione locali. Al comando dell’ottava coorte ausiliaria illirica, Quinto Licinio Catone, trentacinque anni trascorsi in gran parte sotto le insegne delle aquile, ha completato la missione a Mona, contro i pericolosi druidi, i religiosi che fomentano le rivolte.
Svetonio ha riunito gli ufficiali per comunicare che da est marceranno il più velocemente possibile verso Londinium. È probabile che Budicca arrivi per prima, in quel caso la città andrà evacuata non appena avvistati i suoi esploratori. La priorità è che le unità restino integre, “non è una gara”, non si possono perdere uomini lungo il cammino e ogni soldato sarà necessario quando affronteranno il nemico. Riuscendo a mantenere un ritmo severo di trenta, anche quaranta chilometri al giorno, la fanteria raggiungerebbe la città in dodici, quattordici giorni, a condizione di non entrare in contatto con ribelli o tribù di montagna decise ancora a combattere. Conta di riunire le forze: con tre legioni e le coorti ausiliarie, gli uomini saranno abbastanza per rischiare una battaglia.
Uno dei prefetti di cavalleria osserva che avranno a che fare solo con gli Iceni e alcuni Trinovanti, qualche migliaio di uomini male armati. Il generale obietta che, se così fosse, i veterani di Camulodunum li avrebbero tenuti a bada molto più a lungo. Il timore è di avere sottovalutato gli Iceni, tanto per numero che per quantità di armi nascoste; un mercante, ex ufficiale degli esploratori, ha visto il loro accampamento e ha calcolato non meno di ottantamila nemici. Quanti siano guerrieri di prim’ordine non si può dire, ma dopo la sconfitta dei veterani nella colonia è probabile che tanti britanni si stiano riunendo dietro i vessilli ribelli vittoriosi.
A Mona non sanno ancora che la IX Legione del Legato Ceriale, inviata a soccorrere Macrone ma ridotta nei ranghi e senza i reparti migliori, è caduta in un’imboscata dei rivoltosi di Budicca, raccontata nelle prime pagine. Sulla strada per Londinium, Svetonio e Catone si accorgono nella fortezza di Canovium d’essere circondati da bande di Deceangli. Non possono perdere tempo: li affrontano in campo aperto e, grazie alla perizia del prefetto protagonista, la linea nemica viene sfondata, perdendo solo una cinquantina di uomini. Ma la Britannia è in subbuglio.
Nel definire il quadro storico della rivolta di Budicca, Simon Scarrow fa presente che non poteva arrivare in un momento peggiore per i romani. La resistenza delle tribù celtiche durava da oltre diciassette anni e l’arroganza di certi amministratori, l’oltraggio alla regina e alle figlie, in aggiunta a un cattivo raccolto, portarono gli oppressi a insorgere, sfruttando la dispersione delle forze romane in Britannia.
Il governatore si trovava col grosso delle forze nella lontana isola di Mona (Anglesey), a eliminare gli ultimi druidi e seguaci. La IX Legione era a Lindum (Lincoln), ridotta a sei da dieci coorti, per rafforzare l’esercito di Svetonio. Nel sudovest, la II Legione di Isca Dumnoniorum (Exeter), in assenza del proprio legato, era sotto il comando di un prefetto di campo, che fallì disastrosamente. Peraltro, non era intervenuta a frenare sul nascere la ribellione, restando a guardare dalle mura della propria fortezza. La IX, al contrario, marciò in aiuto dei veterani della colonia militare di Camulodunum (Colchester), facendosi però sorprendere lungo il percorso. Solo il legato e la scorta a cavallo riuscirono a riparare in un forte. Cosa sarà stato di Macrone?
C’è una vera corsa verso Londinium. Il generale e Catone dubitano di arrivare prima dei rivoltosi, che hanno il vantaggio del numero, della conoscenza dei luoghi, della collaborazione tra le tribù ribelli. Messi tutti insieme, contano numeri ingentissimi. Al confronto, i romani sono in netta inferiorità, per quanto il loro addestramento e l’attitudine alle battaglie campali organizzate possa ridurre in parte il divario.
Se Budicca dovesse scegliere la guerriglia, eroderebbe le forze legionarie inesorabilmente. Svetonio Paolino ritiene di avere un’unica possibilità: affrontare i ribelli in campo aperto e contare sull’esperienza dei legionari, alcune file compatte contro oltre centomila avversari, sembra. Da far tremare le vene e i polsi.
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