

Rote Armee Fraktion
- Autore: Autori vari
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
La damnatio memoriae degli anni di piombo, quando non strumentale, è sorretta da un vizio di fondo: l’assunto che le democrazie vigenti in Italia e nella Germania Ovest di allora fossero democrazie compiute al punto da non giustificare (re)azioni di lotta armata. Tale asserzione (ingenua? consolatoria? autoassolutoria?) tralascia di considerare il tritolo sui treni e nelle stazioni, l’immanenza criminosa di apparati paralleli, le stragi di Stato, i fascisti e i nazisti riciclati operanti negli apparati politici e di potere, moventi decisivi dell’escalation armata. Non assolvo RAF e Brigate Rosse, mi riferisco a cause e a fatti conseguenti. E aggiungo anche che la “terrorista” tedesca Ulrike Meinhof (RAF) non si sbagliava:
Se uno lancia un sasso il fatto costituisce reato, se vengono lanciati 1000 sassi diventa un’azione politica. Se si dà fuoco a una macchina il fatto costituisce reato, se invece si bruciano centinaia di macchine diventa un’azione politica.
Andrebbe anche detto che nel contrasto al “terrorismo” rosso gli stati italiano e tedesco hanno giocato da passivi-aggressivi: spacciando per martiri innocenti le loro vittime, rispondevano alla violenza in modo esponenziale (le torture e le esecuzioni in carcere di Andreas Baader, Gudrun Ensslin, Jan Carl Raspe, millantate per suicidi collettivi; in Italia l’esecuzione a freddo della brigatista Mara Cagol; l’irruzione notturna nel covo di via Fracchia a Genova che provoca la morte di sette brigatisti e della giovane proprietaria dell’appartamento), tacendo sui reali artefici della strategia delle tensione a esclusivo mantenimento del potere.
Ripeto che un’analisi oggettiva del fenomeno terrorista degli anni Settanta richiederebbe un’analisi altrettanto oggettiva delle cause - politiche e sociali - che lo hanno determinato.
Ho letto sul tema un libro appassionante: non capita quasi mai di poterlo scrivere senza tema di smentita. Rote Armee Fraktion è un libro fondamentale e straordinario. Lo è per l’accuratezza dei dettagli, per la mole, la competenza, e – appunto – l’oggettività di analisi con cui si dipana pagina dopo pagina. In quanto numero monografico di una rivista di cinema (“INLAND. Quaderni di cinema”), Rote Armee Fraktion (Bietti, 2024) avrebbe potuto limitarsi alla stretta enumerazione analitica dei film sulla RAF; obiettivo di per sé impegnativo, considerato il novero di pellicole sull’argomento edite soprattutto in Germania. Invece Rote Armee Fraktion risulta essere tanto di più: risulta essere, anzi tutto, compendio tassonomico e trasversale di ricerche riguardanti teoria-prassi-vissuti-azioni-testimonianze-bibliografia-filmografia sulla RAF (1970-1998): subito dopo Il gruppo Baader Meinhof di Stefan Aust (una bibbia di quasi 800 pagine, da poco edita in Italia, sempre da Bietti) per importanza viene questo testo corale sulla Germania in autunno. Lo studio più completo e interessante sul tema che vi possa capitare di leggere.
Un volume di grande formato (con foto) e da record, a cominciare dal numero di autori che ne ha concorso alla stesura (giornalisti cinematografici, registi, avvocati, docenti di diritto penale, storici, artisti, persino poeti).Tra documentari e lungometraggi (alcuni dei quali girati dai membri della RAF, banda armata di estrazione intellettuale - anche questo dovrebbe far riflettere qualcuno) ho contato 30 opere, ciascuna esaminata puntualmente (tra i film usciti in Italia, Germania in autunno, Anni di piombo, La banda Baader Meinhof, Il silenzio dopo lo sparo, La terza generazione, Stammheim - Il caso Baader-Meinhof), e almeno tre interviste di spessore basilare.
La prima al giornalista e sceneggiatore Stefan Aust, autore, fra l’altro, della bibbia storica di cui sopra. La seconda a Margarethe von Trotta, regista dell’imprescindibile Anni di piombo, ispirato alla vicenda umana e politica di Gudrun Elssin (Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia). La terza alla figlia di Ulrike Meinhof, Bettina Rohl, che irraggia di prospettive ulteriori il privato della "terrorista" e della propria famiglia.
Ma citare è quasi superfluo, in quanto ciascun aspetto di questo quaderno meta-cinematografico arriva dove deve e come si deve (o si dovrebbe), senza pregiudizi e nemmeno apologie.
In anni affollati come erano quelli di piombo, la parabola della prima generazione della Baader-Meinhof si traccia in parallelo: l’incendio ai grandi magazzini Kaufhaus & M. Schneider. Il passaggio di Ulrike Meinhof dal giornalismo alla lotta armata. La morte in carcere per inedia di Holger Meins. Il dirottamento palestinese del volo Lufthansa 181 cui seguono i "suicidi" nel carcere di Stammheim di Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jean Karl Raspe. Il sequestro e l’uccisione del presidente della Confindustria tedesco-occidentale Hanns-Martin Schleyer, per strategia ed esecuzione comparabile al rapimento e alla morte di Aldo Moro.
I curricula dei componenti della Frazione dell’Armata Rossa tedesca sono redatti in esteso, e la storia (e l’analisi dei film) comprende anche la seconda e la terza generazione del gruppo armato. Rote Armee Fraktion insomma non fa una piega, al tempo delle veline, degli instant-book, dei copia-incolla, peggio ancora dei tweet a mano libera, si snoda inesausto e in profondità. Senza entusiasmi né nostalgismi, ma scevro anche del benpensantismo che insipidisce la lettura dei fatti.
Gli interventi saggistici che ne costituiscono l’ossatura andrebbero commentati uno a uno; per ragioni di fluidità narrativa, mi limito ai crediti “fissi” di questa rivista periodica di cultura cinematografica, capace di trattazioni ulteriori ed estese. Il Direttore editoriale è Claudio Bartolini; la redazione è curata da Ilaria Floreano e la veste grafica da Alessandro Colombo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rote Armee Fraktion
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