Russo no
- Autore: Michail Ševelëv
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2023
Edizioni e/o ha portato in Italia Russo no di Michail Ševelëv (trad. it di Claudia Zonghetti), un breve romanzo che racconta la Russia e le sue guerre attraverso una prosa giornalistica che mira a portare fatti interessanti, anche quando sono controversi.
Vadik, giovane soldato russo, in seguito al tradimento di un valore in cui credeva da sempre si trova a compiere un atto terroristico. Tale gesto avrà una forte risonanza su Pavel, un giornalista che lo aveva conosciuto anni prima in circostanze davvero stupefacenti.
Prende il destino di un giovane uomo, un soldato, un prigioniero di guerra, una vittima dell’ingiustizia e della barbarie della società. Che esige una risposta dal presidente
I due protagonisti non potrebbero essere più diversi di così. Vadik, giovane scapestrato sceglie la carriera militare e viene inviato in Cecenia per quella che sarà poi la prima delle due guerre che vi si combatteranno.
Pavel fa ruotare la sua vita sulla solida certezza del lavoro, con viaggi nelle più disparate lande del globo per riportare informazioni e vicende di pubblico rilievo. Eppure i due hanno un tratto che gli è comune: la loro vita si trova molto spesso a un punto di svolta che purtroppo è costituita da molti bassi e pochissimi accenni di mirogliamento. Vadik viene catturato dai soldati ceceni insieme ad altri due suoi compagni - sebbene si dica che si sia arreso lui stesso ai nemici, andandoli perfino a cercare per entrare tra le loro fila - e liberato durante l’inizio del secondo conflitto tra Cecenia e Russia.
Rientrato in patria però non possiede nessun bene, non ha un lavoro, e quando la vita sembra offrirglisi di nuovo positiva, ecco che la sua idea di giustizia si frantuma colpendolo nel suo punto più debole - proprio perché anche sua fonte di felicità -, la moglie. L’escalation di violenza per lui è repentina e quasi naturale: dapprima la vendetta, poi la violenza più dura e infine gli atti di terrorismo in cerca di risposte.
Pavel invece si trova ad avere davanti a sé un periodo difficile con lo scoppio della crisi che colpisce ogni classe sociale e investe di conseguenza anche la redazione del giornale per cui lavora. La crisi, un matrimonio fallito e una nuova moglie, i rapporti tesi con l’amico di prima Ze’nka e gli acciacchi dei suoi genitori sono solo alcune delle instabilità che gravano su di lui quando si trova ad essere cercato per aiutare l’esercito a sventare l’attacco terroristico che Vadik ha orchestrato.
Il protagonista è prigioniero di una delle idee più seducenti che ci siano: l’idea di giustizia. Che però non esiste. Come non esiste una risposta.
Domande che necessitano di risposte, questo è quanto affolla la mente dei due protagonisti: il perché è diventato un quesito doloroso da porsi eppure necessario e ricorrente. Perché la giustizia è diversa a seconda di chi siano i colpevoli?
Perché scegliere di attaccare una chiesa e intrappolare centinaia di donne, bambini e uomini all’Epifania. Perché non ci sono cambiamenti possibili, altre strade meno dolorose da seguire? Perché.
È l’assenza di risposte a guidare le azioni di Vadik che con l’avanzare del romanzo finisce per trasformarsi da terrorista incallito pronto a sacrificare la vita di tanti pur di porre l’attenzione sull’unica questione che non riceverà mai alcuna risposta sincera o logica o condivisibile, o semplicemente completa, a un uomo pronto a immolarsi per la propria causa vinto da un sistema corrotto che si è distaccato dalla realtà che tutti meriterebbero di conoscere.
Il giornalismo non era più un modo efficace di influenzare la realtà, ma qualche speranza la dava ancora la letteratura
Michail Ševelëv sceglie il racconto giornalistico per portare il tema del terrorismo di nuovo in primo piano, e lo fa raccontando una storia che lo vede vicino, in grado di emozionarlo. Parla di attualità, di conflitti e di guerre - passando dalla Cecenia fino all’Ucraina -, in un peregrinare continuo in cerca di verità; quella stessa autenticità che il giornalismo non può più garantire e che ora si può trovare solo grazie alla letteratura, la sola che senza paura narra i fatti più dolorosi e nascosti del reale.
La vicinanza di Ševelëv alla vicenda è chiara al lettore che nel corso del testo si trova a prendere posizione anche quando la zona grigia tra giusto e sbagliato è labile e instabile. La posizione che si ha a inizio racconto muta pagina dopo pagina dipingendo un quadro sempre più definito e calzante sulla vicenda.
E quando si pensa di aver scelto da quale parte stare, ecco che improvvisamente arriva il finale della storia, piomba sul lettore con una forza sconvolgente che rimescola le carte in tavola portando con sé un sapore agrodolce da cui nascono ulteriori domande sempre più profonde a cui ci si deve dare risposta da soli, anche se la soluzione che troviamo non è affatto quella che vorremmo.
Rilevante è infine la brevissima postfazione di Ljudmila Ulickaja che riassume le tematiche più importanti del romanzo di Ševelëv facendo risaltare il legame emozionale tra vicenda e scrittore e lettore.
Russo no
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