Sangue e Gloria in trincea. Le lettere inedite dell’Ardito Giovanni Vacca dal fronte italiano e francese
- Autore: Pietro Pipoli con Enrico Varagnolo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Oggi stride con l’apprensione per le stragi in Ucraina, ma quando scoppiò il primo conflitto mondiale in Europa, il 28 luglio 1914, il diciottenne Giovanni Vacca e i giovanissimi commilitoni del Collegio Militare di Roma accolsero con delusione la neutralità del Regno d’Italia. Quanto entusiasmo invece alla dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria, otto mesi dopo, il 24 maggio 1915. Si arruolò subito, diventò ufficiale di complemento, combatté sulle Dolomiti e nella Champagne, tra gli arditi del contingente tricolore in appoggio agli alleati anglo-francesi. Cadde eroicamente a un mese dalla fine delle ostilità, il 4 ottobre 1918, decorato con due medaglie d’argento al valor militare. Non aveva mai cessato di scrivere al padre Giuseppe e il suo carteggio è stato riordinato dal compaesano Pietro Pipoli, con la collaborazione di Enrico Varagnolo, nel libro Sangue e Gloria in trincea. Le lettere inedite dell’Ardito Giovanni Vacca dal fronte italiano e francese (collana Storica, gennaio 2019, 224 pagine, 20 euro, con 40 immagini in bianconero e 6 cartine a colori in un inserto di 16 pagine al centro). Pubblicato a cento anni dalla Grande Guerra dalle edizioni bassanesi Itinera Progetti, il volume può essere acquistato a particolari condizioni di e-commerce sul sito itineraprogetti.com.
Il tenente degli Arditi del IX Reparto d’Assalto (XXXII) Giovanni Vacca era nato il 18 giugno 1896 a Monopoli, cittadina marinara e agricola a Sud di Bari. Tra i quasi trecento caduti monopolitani nel primo conflitto mondiale è quello che viene ricordato con più assiduità: gli sono dedicate una strada cittadina e la Sezione locale dell’Associazione nazionale combattenti.
Anche Pipoli è monopolitano. Deve la passione per la storia militare ai racconti del nonno di cui porta il nome, reduce della seconda guerra mondiale. L’attenzione fin da bambino si è poi tradotta in una ricerca archivistica, associata alla raccolta di uniformi e cimeli militari dei conflitti del Novecento. È curatore del Museo di Storia Militare della sua città.
“Sto bene. Saluti e baci a tutti”, la comunicazione più ricorrente di Giovanni nelle quattrocento lettere e cartoline dal fronte. A volte un accenno, “segue lettera” e nelle note più ampie qualche informazione laconica, si autodisciplinava nel rispetto della censura militare, soffermandosi semmai sul freddo, sugli anici e conoscenti incontrati, sui trasferimenti alla sezione mitraglieri e poi, da volontario, al reparto d’assalto e in terra francese. Quasi niente sulla coraggiosa condotta di guerra e sul piglio di giovane ma risoluto comandante, poco sulle azioni. “Siamo andati a villeggiare sopra una bella cima, col permesso dei padroni di casa”, scrive il 22 luglio 1916, alludendo alla posizione montana tolta al nemico, che chiama “i nostri vicini”.
Figlio maschio maggiore del direttore di un’azienda olearia e destinato secondo i progetti del padre a una professione che ne avrebbe fatto uno degli uomini più importanti di Monopoli, chiese con una forte “presa di posizione” appena diplomato al ginnasio d’essere avviato pur minorenne alla carriera delle armi. Nell’ottobre 1913, il padre non poté che accettare di iscriverlo al Collegio Militare romano, per il primo anno di liceo, accondiscendenza ricambiata dal ragazzo col grande profitto negli studi.
Si diceva dell’amarezza dei collegiali in divisa per la neutralità italiana e dell’eccitazione nell’apprendere: “Siamo in guerra contro l’Austria, le abbiamo dichiarato guerra!”. Fu baldoria in camerata, nessuno riuscì a prendere sonno quella notte, hanno raccontato in famiglia a un nipote, l’avvocato Ettore Vacca, che lo testimonia a sua volta presentando il prozio Giovannino.
Primo del corso e determinato a offrire il suo contributo, il diciottenne chiese di transitare nella Scuola Militare di Modena, per la formazione da ufficiale di complemento di fanteria. Non vedeva l’ora di raggiungere la prima linea.
In una lettera del dicembre 1915 conta in 5mila i giovani impegnati con lui a diventare i tenentini che in primavera saranno lanciati sui campi di battaglia alla guida delle nuove classi di chiamati.
All’entrata in guerra, l’Accademia aveva sospeso i corsi biennali per sottotenente, sostituiti da corsi accelerati, che in circa tre mesi consentivano ai ragazzi diplomati di ottenere la nomina ad aspirante ufficiale di complemento. Questo per rispondere all’enorme fabbisogno al fronte, considerata l’elevata mortalità dei comandanti di plotone in linea. L’aspirante vestiva la stessa uniforme degli ufficiali di carriera, unica differenza il gallone nero sul berretto, ridicolizzato in “laccio di scarpe”.
Promosso sottotenente e poi tenente negli arditi, cadde colpito da una raffica di mitragliatrice mentre guidava l’assalto a una posizione tedesca sulla Croix sans tete. A chi cercava di aiutarlo disse: “Non vi curate di me, correte a vendicarmi”. Fu trasportato già senza vita nella sezione di sanità avanzata e dichiarato morto alle 13.30 del 4 ottobre 1918, per ferita da pallottola penetrante all’addome riportata alle 12.30.
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