Scritti di filosofia scientifica
- Autore: Roberto Ardigò
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
Il positivismo italiano, specialmente in Italia, non ha mai goduto di buona reputazione e non a torto: la sua debolezza teorica, che purtroppo è stata in gran parte causa del suo “oblio”, non ha retto agli attacchi di ben più solide filosofie armate di maggior forza teoretica e speculativa.
Tuttavia, sebbene il positivismo non abbia mai avuto grande spinta propulsiva, non sono mancate al suo interno figure significative. Tra queste v’è senza dubbio il suo più noto esponente: Roberto Ardigò.
Recentemente Francesco Coniglione e Salvatore Vasta hanno curato un’edizione degli scritti ardigoiani di filosofia scientifica e viene certo spontaneo chiedersi che utilità possa avere oggi una rilettura delle opere filosofiche di Ardigò; ma il punto è un altro: non di ri-lettura si tratta, ma di lettura della filosofia scientifica ardigoiana, in quanto nella storiografia italiana si è spesso trascurato il cuore stesso della filosofia di Ardigò, incentrata tutta sull’idea di filosofia scientifica, che non può certo essere completamente rinchiusa all’interno della tradizione positivista.
È questo l’aspetto della filosofia di Roberto Ardigò che i curatori del volume hanno cercato di mettere in luce, quando sostengono che la filosofia scientifica
«in senso proprio non coincide né col positivismo né col neopositivismo o con il Circolo di Vienna tout court; come non deve essere confusa con la filosofia linguistica, con quella analitica, e ancor meno con la filosofia della scienza […] Essa è un progetto sui generis, che ha percorso la storia della filosofia moderna iniziando da Cartesio. […] Intesa in senso proprio essa è il programma filosofico che vede nella scienza il modello per la filosofia, la quale deve porre e risolvere i suoi problemi secondo quegli stessi metodi e criteri, in base alle stesse esigenze di precisione, delle scienze particolari» (F. Coniglione-S. Vasta, “Introduzione”, pp. 10-11).
In tempi moderni figure chiave di tale snodo epistemologico sono state, per non citare che i maggiori, Rudolf Carnap, Bertrand Russell, Moritz Schlick, ecc., ed anche quanti hanno avvertito la medesima esigenza di un avvicinamento tra filosofia e scienza. È all’interno di questa esigenza che possiamo collocare non solo la figura di Ardigò, ma anche di quanti hanno contribuito alla Rivista di filosofia scientifica fondata da Enrico Morselli.
Ma come riesce Ardigò a conciliare filosofia e scienza? Com’è noto Ardigò era un fervente sostenitore della scienza fondata sul metodo induttivo, posizione questa oggi decisamente superata dai recenti sviluppi epistemologici (pensiamo, tanto per fare qualche esempio, alle concezioni di Popper o alle teorie idealizzazionali della scienza o alle teorie della complessità). E nonostante tale aspetto – che oggi potrebbe essere considerato un limite della sua concezione, ovvero al riduzionismo positivista – Ardigò cerca di sfuggire tentando di rivendicare per la filosofia una sua specifica autonomia, che i curatori del volume considerano
«per un lato parziale, per quanto concerne il metodo di ricerca, per l’altro totale riguardo al contenuto scientifico. È parziale perché il “modello” di ricerca è per la filosofia la scienza, totale perché il suo oggetto di indagine è specifico e diverso rispetto a quello della altre scienze. […] E se per il metodo la filosofia deve ispirarsi alla scienza, esso deve però essere fatto per andare “al di là delle singole scienze”, ad esplorare quell’indistinto che esse non possono cogliere» (pp. 25-26).
E’ interessante negli scritti di Ardigò proprio il concetto di indistinto, che pure ha ricevuto nella letteratura molte critiche, in merito al quale i curatori sottolineano l’esigenza di intenderlo come condizione non più trascendentale ma fattuale dell’esperienza, poiché esso rappresenta
«tanto le ulteriori possibili costruzioni della scienza, quanto quello sfondo di esperienze e di teorie su cui implementare nuovi risultati sperimentali» (p. 26)
Pertanto l’indistinto
«non è qualcosa di metafisicamente esistente, non è una realtà altra rispetto alle scienze, ma ciò che momentaneamente non riusciamo ad afferrare, è lo sfuggirci della spiegazione di quel tutto che le scienze specializzate da sole non riescono a farci cogliere. […] Grazie a questo “indistinto” la filosofia cerca di “completare” la scienza, coll’ordinare i fatti in una possibile spiegazione dell’unità dell’essere universale che le scienze in quanto speciali, settoriali, non si propongono».
Quindi per Ardigò la filosofia
«è il completamento della gerarchia delle scienze, compito che si svolge non tanto e non solo mettendo al mondo scienze nuove, ma scienze rinnovate, colmate nelle loro lacune, perché il suo compito è quello di aggiungere quanto di necessario alle conoscenze particolari forniteci dalle scienze per completare la nostra conoscenza del mondo. Compito possibile solo perché, appunto, la filosofia diventa scientifica, adottando il metodo delle scienze» (p. 29).
La filosofia secondo Ardigò è dunque scientifica per tre aspetti:
- 1) «assume a suo modello di indagine le scienze particolari, cioè ne adotta il metodo»;
- 2) «grazie a ciò, può ambire ad un compito specifico, quello di andare al di là di quanto possono fare le scienze, gettando uno sguardo nell’“indistinto”»;
- 3) «deve in ogni caso avere a proprio fondamento i risultati delle scienze, per cui l’ultima parola sulla validità di quanto da essa proposto spetta alle scienze particolari: ovvero, la filosofia non può contraddire quanto dalle scienze stabilito», (pp. 30-31).
Tuttavia il limite dell’esperienza ardigoiana e di quella del positivismo italiano successivo consisteva nel fatto che, mentre in Europa la filosofia scientifica rifioriva grazie alla nuova logica di cui, ad esempio, la filosofia di Russell faceva largo uso, invece in Italia (tranne la eccezione effimera e parziale di Vailati e nonostante il grande inizio di Peano) la filosofia non riusciva ad entrare in feconda interazione con essa, fornendo così argomenti all’allora emergente neo-idealismo italiano, il quale, grazie alla sua potenza speculativa, contribuiva non poco a porre nell’oblio la filosofia positivistica e con essa le stesse opere di Ardigò. Ma questa è un’altra (e tormentata) storia.
In questa edizione degli scritti ardigoiani i curatori del volume hanno selezionato dalle Opere filosofiche, che vennero pubblicate tra il 1882 ed il 1912, quegli scritti ove maggiore spazio è dedicato proprio alla filosofia scientifica e che non sono più stati riediti da allora, fornendo così un contributo alla conoscenza di un aspetto da più di un secolo scarsamente presente della filosofia di Ardigò. Essi sono: Relatività della logica umana (1881), Empirismo e scienza (1882), L’inconoscibile di H. Spencer e il positivismo (1883), Il compito della filosofia e la sua perennità (1884), L’indistinto e il distinto nella formazione naturale (1900), L’Idealismo della vecchia speculazione e il Realismo della filosofia positiva (1902), la perennità del positivismo (1905), La filosofia nel campo del sapere (1906), Tesi metafisica, ipotesi scientifica, fatto accertato (1907), Guardando il rosso di una rosa (1907), Una pretesa pregiudiziale contro il positivismo (1908), Comte, Spencer e un positivista italiano (1908), Il positivismo nelle scienze esatte e nelle sperimentali (1910), Filosofia e positivismo (1914) e La filosofia vagabonda (1916).
Roberto Ardigò, Scritti di filosofia scientifica, a cura di Francesco Coniglione e Salvatore Vasta, Bonanno, Acireale-Roma, 2008, pp. 349.
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