Sequestro alla milanese
- Autore: Piero Colaprico
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2024
A trent’anni di distanza dalla prima pubblicazione nel 1992, torna in libreria per Baldini+Castoldi Sequestro alla milanese, esordio narrativo del giornalista e scrittore Piero Colaprico.
Non solo coniò il termine “Tangentopoli” destinato a segnare un’epoca, ma ne presagì situazioni e atmosfere in questo noir, che intreccia detection e corruzione politica. Eppure il romanzo è solo fiction, anche se all’autore:
Piace condire una storia inventata con le tanti frasi vere rubate per una vita dalla strada e dalle stesse battute dei politici.
Milano, primavera 1992
Come nei grandi polizieschi (ricordate Simenon o Sciascia di Una storia semplice?), tutto ha inizio da una telefonata. Ma la location non è la questura, bensì un ristorante del capoluogo meneghino. Durante un tête-à-tête piuttosto ingessato con la sua compagna Clara, l’ex capitano dell’Arma Corrado Genito riceve una di quelle telefonate cui è impossibile dire di no. A contattarlo con la massima urgenza è un amico, l’assessore Marino Malesci. Suo figlio Paolo è stato rapito.
L’uomo ha bisogno di un professionista fidato per condurre segretamente le trattative con i sequestratori fino al rilascio.
In un susseguirsi di colpi di scena scatta una vicenda sempre più complicata.
A seguire nella periferia difficile di Milano si verificano alcuni omicidi, apparentemente riconducibili a lotte tra cosche per il controllo del territorio. Nel frattempo la prigionia della vittima, un ragazzo ammodo che allena la mente con Foscolo e Borges, è piuttosto movimentata. Il covo sembra noto a troppi.
Perché è al centro di tanti interessi? Anche il movente del sequestro desta perplessità. Il Malesci non disdegna la lusinga di qualche bustarella, secondo i bene informati diventerà il nuovo sindaco, ma non è né ricco e nemmeno un politico di peso.
Chi c’è dietro? Forse la malavita organizzata o una nuova banda pronta a imporsi sul territorio, a meno che il vero bersaglio sia il Partito.
Milano entra di prepotenza nel romanzo dove si affastellano pesci grandi e piccoli della criminalità organizzata, giornalisti, politici, compagni di partito pronti a smarcarsi da un assessore scomodo tratteggiati con disincanto e tragica comicità. Scontri a fuoco, mosse, contromosse, voltafaccia, bugie, mezze verità e denaro a fiumi animano questo poliziesco in cui non si salva nessuno.
Il lettore segue diversi filoni nell’ipogeo di una Milano plumbea e reticolare dove Genito penetra, scava, si inabissa per condurre a buon fine le trattative con i malviventi e ricostruire un disegno criminale ad ampio spettro. Sempre un passo avanti rispetto agli inquirenti, intuisce una trama di corruttele insospettabili perché, parafrasando Poe in esergo, la verità cercata in fondo al pozzo spesso si trova in superficie.
La fisionomia del protagonista prende forma in corso d’opera. Ex carabiniere, a quarant’anni fa il consulente per la sicurezza. Ma che se ne fa della pensione un outsider come lui? Indagare sul campo da detective freelance, controlli e pedinamenti all’addiaccio lo emozionano quanto le operazioni di servizio nell’Arma.
Non può fare a meno di questo mestiere duro, senza orari e pericoloso.
Cosa voglio fare? Posso tenermi la pensione da capitano e accontentarmi dei miei traffici con le aziende in crisi? No … Ora mi sento vivo (…) Qua con il taccuino sulle ginocchia, in questa strada fognosa, a stomaco vuoto, dopo un omicidio in mezzo a una trama di sequestri, con Clara che sarà una belva: e io che sto bene, vivo, creativo con le antenne dritte e la pistola in tasca.
Malgrado il cinismo da hard boiled novel, la “clessidra” del suo tempo continua ad essere Clara.
Anche di Milano non può fare a meno. Nessuno la conosce come lui. Questa “città maschia” rispetto al solco femmineo di Roma, Venezia, Firenze, viene dissezionata da uno sguardo al vetriolo che mostra la trasversalità del malaffare.
E la fatica di educare i figli all’onestà per chi, come il maresciallo Dell’Acqua, abita in un quartiere a rischio. Tasselli di quotidianità e glamour restituiscono l’atmosfera degli anni Novanta. Cabine telefoniche a gettoni, i primi ingombranti portatili, pony express, Alfa Romeo coupé, bar di quartiere per un panino speck, brie, radicchio e locali di lusso, macchina da scrivere e fonogrammi.
È nella ricomposizione degli opposti (ordine e caos) che Sequestro alla milanese trova equilibrio e forza. Tanto la scrittura è semplice, rapida, a prevalenza dialogica da trasformare il lettore in testimone oculare. Tanto la trama si infittisce e dilata in nuove direzioni quasi a impantanarsi. Allora abbiamo in soccorso un sommario in testa a ogni capitolo, come negli articoli giornalistici o nelle novelle del Decameron.
Descrizioni ridotte all’osso, picconate introspettive, battute fulminanti.
Se volete conoscere la genesi del romanzo, date un’occhiata all’introduzione aggiunta alla nuova ristampa del gennaio 2024. Ne vale la pena. Ci racconta di un giovane cronista di nera che sul finire degli anni Ottanta alla redazione de “la Repubblica” instaura un rapporto di amicizia e stima con Oreste Del Buono al culmine della carriera. Ci racconta dell’invito di quest’ultimo a scrivere un giallo ambientato a Milano, lui stesso farà da editor. Sull’onda di un “perché no?” Piero Colaprico accetta. Nasce così nel 1990 Sequestro alla milanese pubblicato nel 1992, quando l’inchiesta Mani Pulite è ancora cronaca.
Sequestro alla Milanese
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Un libro perfetto per...
Agli appassionati dell’hard boiled novel e del poliziesco alla Scerbanenco, descrizioni ridotte all’osso, picconate introspettive, battute fulminanti, sguardo critico e disincantato sulla società.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sequestro alla milanese
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