Serafino Amabile Guastella - La vita e le opere
- Autore: Serafino Amabile Guastella
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Federico Guastella, autore di "Serafino Amabile Guastella - La vita e le opere", racconta la genesi del suo libro partendo dalle domande che in passato gli ha posto l’antropologo Alessandro D’Amato, che ha scritto la prefazione del volume.
Il Dr. Alessandro D’Amato, antropologo, nel corso di una conversazione, funzionale alla stesura della sua prefazione alla mia opera “Serafino Amabile Guastella – La vita e le opere” (Gruppo Editoriale Bonanno, 2017), mi ha rivolto delle domande.
Perché ha senso scrivere un nuovo libro sulla figura, la vita e l’opera di Serafino Amabile Guastella?
Non sono mancati, negli ultimi cinquant’anni, studi di un certo rilievo e tesi di laurea che hanno mostrato le strategie compositive dello scrittore e le valenze socio-antropologiche dell’opera che si colloca tra letteratura e scienza del folclore. Tuttavia non c’è mai stata una monografia completa e aggiornata che presentasse tutti i suoi scritti. Poiché permane ancora una difficoltà di approccio all’opera guastelliana, dovuta soprattutto alla difficoltà del reperimento dei testi, essendosi ormai esaurite le ristampe, ho seguito passo dopo passo ogni suo scritto, riportandone brani significativi.
L’illustre demologo dell’Ottocento siciliano con il medico palermitano Giuseppe Pitrè, cui si deve la fondazione della “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”, portata da lui a compimento in meno d’un cinquantennio (1871-1913), grazie anche al contributo di numerosi e valenti collaboratori, ebbe una fitta corrispondenza. E a tale carteggio ho dedicato uno specifico capitolo.
Il mio saggio, che si apre con il capitolo sulla formazione del folclore, offre una nuova chiave di lettura attraverso la quale osservare Serafino Amabile Guastella nel divenire storico della sua formazione fino alle opere più mature che mostrano i conflitti di classe tra “cappelli” (padroni) e “berretti” (braccianti) attraverso una narrativa che attinge dalle tradizioni popolari. Il mio saggio presenta altresì una bibliografia critica posta in appendice al volume che aggiorna quella pubblicata da altri in passato, il più delle volte carente. Scrivere una monografia su Serafino Amabile Guastella è non solo un riconoscimento della grandezza dello studioso, ma rappresenta anche una sollecitazione per riportare alla luce gli studi socio-antropologici di cui non si parla più, dato che la globalizzazione ha oscurato le ricerche su di ogni specificità ambientale.
Nel saggio parlo di Serafino Amabile Guastella quale scrittore “pluricompositivo”. Mi spiego meglio. Dapprima, negli anni giovanili, egli si accosta alla poesia e scrive poesie; si presenta quale conoscitore di musica e studioso della “Norma” di Bellini, nonché di V. Hugo; poi convoglia le energie nell’impegno civile, a seguito dello sbarco di Garibaldi in Sicilia, iniziando una revisione del mito risorgimentale. Non poche già le incursioni nella narrativa. Successivamente si riconoscerà nella ricerca folclorica. Rispetto al demopsicologo, egli ha qualcosa di più. Il suo materiale etnografico non è soltanto l’espressione di una ricerca nuda e cruda, ma è vivificato da un modo di raccontare in cui si fondono il realismo e la satira, il folclore e la poesia. Soprattutto il vernacolo con la lingua nazionale. Come a dire che il rinnovamento socio-linguistico può realizzarsi se viene certificata la dignità d’una parola finora sconosciuta, immettendo l’antropologia del territorio nel circuito della tradizione colta.
Guastella non è omologabile in quanto studioso tout court di folclore. Egli resta uno scrittore fuori della “classe”, che sfugge alle consuete classificazioni, uno scrittore da leggere e da capire nella cifra stilistica che sorregge la rappresentazione tragicomica della condizione umana. Da tale angolazione la lettura dei suoi scritti si pone come una visitazione del comportamento dei non abbienti, dove pesa la sconfitta degli ideali dell’unificazione nazionale. Scompare l’eroe romantico e rimane quel particolare scetticismo che, non risolvendosi nell’inazione, affida alla scrittura l’intento di una profonda testimonianza.
Alessandro D’Amato in quell’occasione mi chiese anche in che modo sintetizzare l’eredità ci ha lasciato S. A. Guastella. Riguardo questo questo quesito potrei dire in sintesi che Guastella, oltre al pregio della scrittura, ci lascia in eredità il metodo della ricerca che procede dalla raccolta dei dati alla loro interpretazione. E la conoscenza è intesa come lettura e presa di possesso della realtà in cui si vive.
Spicca la sua passione civile come anche l’impegno di educatore connesso con il farsi degli italiani secondo la ben nota massima del D’Azeglio. A distanza di più di un secolo secolo l’Isola ha cambiato aspetto e diverso è il modo di essere e di pensare, ma non può disperdersi la memoria storica: così, se si vuole avere una conoscenza della società contadina siciliana, la lettura delle opere del Guastella, che si integrano con quelle del Verga, appare insostituibile. Non a caso il nostro scrittore, diversamente da altri folcloristi del suo tempo, riteneva che uno dei più importanti scopi della letteratura fosse quello di esprimere le negatività insite nell’organizzazione sociale. Così risulta dalle sue opere, quali "I Canti del circondario di Modica" (1876), "L’antico Carnevale della Contea di Modica" (1877/1887), "Le parità e le storie morali dei villani" (1884).
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