Shalom. Il coraggio di fare la pace
- Autore: Clara Costa Kopciowski
- Genere: Libri per ragazzi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mursia
Guerra e pace, amore e odio, amici e nemici, morte e rinascita... Sono tutti concetti opposti e contrari che se ne vanno a braccetto da quando esiste l’umanità. Tutti ne parlano con più o meno cognizione di causa, se ne fanno memorabili incontri tra Nazioni, nel loro nome si scatenano guerre fratricide, si sono scritti fiumi di inchiostro e mai, ma proprio mai, si è visto prevalere uno sull’altro per un lasso di tempo chiamato “sempre”.
Guerra e pace sono le due situazioni più conosciute, consumate, bistrattate e senza valida soluzione. Perché? Forse perché per conquistare la vittoria della pace ci vuole molto più coraggio che nel portare avanti la guerra assassina… Ci vuole la forza di un cuore giovane, ancora puro, non contaminato dal male degli adulti. Ci vuole, appunto, il coraggio che scaturisce dall’amicizia sincera dei due ragazzi appena adolescenti, David e Daud. Le vicende della loro vita rimbalzano da una pagina all’altra del libro Shalom. Il coraggio di fare la pace di Clara Costa Kopciowski (Mursia, 2002, pag. 188) e dal kibbuz israeliano dove vive David al campo arabo dove si trova Daud.
Tutto nasce da una sfida tra due ragazzi, forse non più bambini ma non ancora proprio adolescenti. Una sfida sciocca, perché pericolosa e temeraria, ma del tutto normale tra giovani nati e cresciuti in un ambiente di guerra. David, nascosto in un camion, si unirà ai soldati israeliani che si apprestano a una manovra ai margini del campo nemico e così dimostrerà agli amici e a se stesso che non è un pavido. ma sa essere forte e coraggioso come il fratello maggiore, Jgal, ufficiale dell’esercito.
Questa volta, però, non è una semplice esercitazione. Spari, sangue, morti. Questa volta è guerra, vera guerra. La situazione precipita, David si trova in strada accanto all’arabo ferito che sta per sparare e sta mirando proprio a Jgal, suo fratello. Non c’è tempo per ragionare: la mano che stringe la pistola trovata a terra si posiziona da sola e David spara uccidendo l’uomo. Salva la vita al fratello, è accolto in patria come un eroe, si conquista la stima degli amici… Ma per lui nulla è più come prima. Ha conosciuto la morte, ha inferto la morte. Il dolore di cui si sente invaso gli fa capire che ora non è più un gioco. Ora non è più un bambino innocente e, tuttavia, non si sente neppure un uomo.
Come se non bastasse, né la madre, né gli adulti responsabili della comunità lo esaltano per la sua impresa. Ha disobbedito alle regole severe della comunità e viene punito. Lui e Meir, compagno di bravate, pentito di averlo spinto in quella stupida sfida vengono messi a pulire le stalle perché capiscano che nella vita al kibbuz ogni lavoro è ugualmente importante, come ugualmente importante è la vita di ogni essere, compresa quella delle mucche.
Il conflitto arabo israeliano si inasprisce, l’allarme è continuo ma i ragazzi hanno ancora voglia di avventura e pensano bene di andare a esplorare i territori dove si erano svolti i combattimenti al confine con la Siria. Tutto sembra tranquillo, perché non fare anche una partita di pallone? Un tiro sbagliato e il pallone rotola giù per la china risalendo la collina di fronte. È soltanto una palla, non sa niente di confini… Nemmeno gli intraprendenti monelli si interessano troppo dei confini e quando David corre a recuperare il pallone in campo nemico si incontra, meglio si scontra, con Daud, ragazzo arabo imbevuto di proclami pieni di odio e terrore contro il nemico ebreo.
Lo spaventato Daud non può che rispondere con violenza alla mano tesa di David. La lotta è inevitabile. I colpi e i pugni si abbattono tremendi da ambedue le parti. Scorre il sangue e si sfiora la tragedia quando il giovane arabo cade pesantemente su una pietra ferendosi gravemente la testa. Portato al kibbuz e curato, malgrado le sue reazioni violente dettate dal terrore di essere ucciso, conosce l’accoglienza amorevole di tutta la comunità. David e i suoi compagni non lo abbandonano ed è così che, anche se del tutto spontaneamente e inconsapevolmente, viene piantato il primo seme di una profonda e sincera amicizia.
Non sarà facile, né immediato. Ci saranno ancora sospetti, diffidenza, paura, ma il seme ha attecchito e un po’ alla volta la pianta crescerà, l’amicizia fiorirà al di là delle differenze di lingua, cultura, religione, confini.
Le mani non si chiuderanno più a pugno, si stringeranno con lealtà e nel momento di grande pericolo, quando la vita dei bambini di un’intera scuola sarà in pericolo. Non importerà quale lingua si parli, quale religione si professi, ma tutti insieme ragazzi, adulti, soldati e civili si uniranno in un unico popolo e vincerà l’amore.
Forse non servirà a sconfiggere la guerra, ma almeno qualcuno avrà capito che per vivere finalmente in pace ci vuole il coraggio di fare la pace. Il coraggio che può scaturire dal cuore puro e generoso dei giovani come David e Daud. Pure da quella innocenza disarmante che travalica i confini e che ci fa tremare la coscienza tra commozione e sorriso a queste poche righe:
"Gli affari sono affari, non è un disonore trattare affari con i propri nemici."
"Io ti do il temperino e tu mi dai il pallone." li sguardi dei due ragazzi si incontrarono per un attimo.
"Shalom!" disse David.
"Salam!" disse Daud.
"Tornerai?"
"Forse." E corse via velocissimo col suo pallone sotto il braccio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Shalom. Il coraggio di fare la pace
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