Sociologia e sociosofia
- Autore: Francesco Giacomantonio
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2012
Generalmente, ogni disciplina, se vuole assurgere al rigore scientifico, deve necessariamente affrontare e risolvere tutta una serie di problematiche che riguardano “il suo metodo, il suo campo d’indagine, i suoi risultati, la sua efficacia euristica” (p. 13), e così via. Molte discipline hanno raggiunto lo status di scienza seguendo proprio l’iter su descritto, ma ciò non sembra essere avvenuto per la sociologia, la quale tutt’ora sembra assumere le vesti di una disciplina dai difficili contorni metodologici ed epistemologici.
Secondo l’Autore, la sociologia vive tutt’ora questa situazione poiché essa “ha dovuto continuamente affrontare il problema del suo rapporto, da una parte, con la filosofia, dall’altra, con le altre scienze sociali sue “sorelle”: scienza politica, antropologia culturale, economia politica e, forse, anche psicologia sociale” (pp. 13-14). La convivenza, all’interno della sociologia, di differenti paradigmi filosofici come quelli fenomenologici, marxisti, strutturalisti, funzionalisti, ecc., ha indotto molta critica scientifica ad individuare al suo interno il limite del cosiddetto “politeismo teoretico”, il quale ha confinato “questa disciplina in una sorta di adolescenza prorogata, impedendole di raggiungere la maturità epistemologica” (p. 17). È proprio all’interno di questo snodo problematico che si incentra la riflessione del volume di Francesco Giacomantonio, Dottore di ricerca in Filosofie e teorie sociali contemporanee, il quale si propone un duplice compito: da un lato, analizzare la riflessione sociale contemporanea sulla base di una triplice linea ermeneutica, ossia “dal punto di vista fenomenologico, da quello epistemologico e da quello culturale», e dall’altro "strutturare il concetto di “sociosofia”, come possibile prospettiva della riflessione sociale contemporanea” (p. 11).
Lo scopo dell’autore
L’Autore, il quale entra nel merito delle sue indagini col Capitolo I intitolato “La condizione della riflessione sociale contemporanea”, parte dal concetto di “modernità” al fine di analizzare la condizione del pensiero sociale e della sociologia. In questo frangente l’Autore parla delle cosiddette mutazioni del senso; difatti abbiamo il mutamento del senso della realtà (divenuta sempre più complessa per via delle rivoluzioni scientifiche, economiche, politiche, ecc.), delle relazioni sociali (la cui complessità è stata favorita dai mass-media), dello spazio e del tempo (per via, soprattutto, dei processi di globalizzazione), ecc. Secondo Giacomantonio, oltre alla ridefinizione di realtà, spazio e tempo, assistiamo anche “a una nuova configurazione del senso del sapere, che influenza il modo di interpretare e distinguere tra vero e falso, giusto e sbagliato: la conoscenza non necessariamente diventa fonte di risoluzione dei problemi, perché, a volte, più conosciamo e più modifichiamo la realtà, più sorgono questioni che non erano state previste” (p. 23). Ciò, secondo l’Autore, accade perché il sapere, in maniera sempre più frequente,
“perde la sua visione d’insieme, perde la tendenza a correlare gli ambiti della conoscenza, scava solchi enormi tra le discipline e le specialità” (ibidem).
Per via dell’influenza di tutte queste relazioni si ha infine l’oscillazione del senso dell’identità; ciò poiché mentre nell’antichità gli esseri umani riuscivano con più facilità a stabilire quelli che erano i propri scopi, obiettivi, ruoli, ecc., adesso, nella contemporaneità,
“emerge, con evidente drammaticità, la situazione per cui individui e gruppi possono non essere riconosciuti, possono non sapere o non capire chi sono realmente. La conseguenza di questa condizione è l’accrescimento della potenziale conflittualità sociale” (pp. 23-24).
È proprio in ciò che si condensa il cosiddetto “progetto moderno”, ossia quello fondato
“su un’architettura complessa, poiché, da un lato, esso esige dagli individui una accentuata capacità di confronto e sperimentazione rispetto a dimensioni e valori variegati, dall’altro, questa condizione di politeismo di valori induce i sistemi sociali a richiedere ai soggetti forme sempre più consistenti di soppressione delle pulsioni, che determinano dimensioni, di volta in volta, di scissione, fragilità, decadenza, estraneazione” (p. 25).
Tali forme di alienazione, presenti nell’attuale processo di globalizzazione, vengono esasperate ancor di più da un iper-capitalismo sfrenato che ha finito col dar vita a rapporti mediati unicamente dalla forma-merce, pertanto il
“carattere del lavoro come attività creativa, che conferisce senso alla vita umana, tende a dileguarsi all’interno della società dei consumi, in cui si sgretolano l’iniziativa personale e la fiducia in se stessi e si promuovono, invece, la dipendenza e la passività" (p. 27).
Oggigiorno la società viene intesa sempre più come kowledge-society, ossia società basata sulla conoscenza, oppure come società dell’informazione, poiché “mai come in questi anni, questi elementi divengono discriminanti fondamentali della vita di un numero elevato di uomini”, ma, puntualizza Giacomantonio, nonostante
“questa enfasi sulla diffusione della conoscenza, del sapere, della scienza, dell’informazione e malgrado le fasi autoriflessive delle scienze sociali, l’epoca attuale non pare particolarmente “illuminata” (p. 42).
Nel secondo capitolo del suo volume, intitolato “Cultura e sociologia nel XXI secolo”
Giacomantonio, nel tentativo di indagare il senso della riflessione sociale contemporanea, prende anche in considerazione l’influenza che su quest’ultima hanno esercitato le più recenti evoluzioni generali del pensiero comune e che l’autore riconduce, sostanzialmente, a due condizioni:
la disarticolazione del pensiero e la fuga dalla mediazione.
- La prima trae origine dalla fine delle ideologie e delle grandi narrazioni (così come diagnosticato dai post-modernisti alla Lyotard), sicché tale situazione bisogna considerarla come
“un segno della forma contemporanea predominante di cinismo, per cui il potere non ha più bisogno di una struttura ideologica coerente per legittimare il proprio dominio, perché esso ormai può permettersi di affermare direttamente l’ovvia verità – la ricerca del profitto, l’imposizione brutale di interessi economici” (p. 45).
- La fuga dalla mediazione (laddove per mediazione l’autore intende “una evoluzione particolare della mediazione razionalista” (p. 52)), è stata invece causata da condizioni di coazione che
“portano le persone a non esprimere al meglio le loro potenzialità e a irrigidire lo sviluppo di se stesse e, di riflesso, nei contesti in cui operano” (p. 53)
A ciò si aggiunga anche il problema rappresentato dalle prospettive relativiste e nichiliste nell’ambito del linguaggio; difatti, l’attuale società ha posto una certa enfasi sull’importanza della comunicazione e dell’informazione, ma in realtà tale presunto trionfo della parola
“è più virtuale che reale, poiché la quantità di parole e di comunicazione non è commisurata alla loro qualità, appunto per le logiche di disarticolazione e im-mediatezza descritte” (p. 56).
In tal fatta, è possibile notare come il senso del sociale sia quasi indecifrabile e ciò induce l’autore ad un ripensamento dell’attività di riflessione sociale; in questo frangente può tornare utile una sua rimodulazione che l’autore definisce in termini di sociosofia; quest’ultima è l’oggetto del terzo capitolo intitolato “L’ipotesi della sociosofia”. L’autore specifica sin dall’inizio che
“l’eventuale assunzione di questa prospettiva non è da intendersi come qualcosa di necessario, poiché nell’età e nella società contemporanea, in cui coesistono infiniti universi simbolici, numerosi sistemi di valori e pluralità di mondi di vita, è ingenuo pensare di poter ragionare sulla dimensione della necessità; l’idea di sociosofia è da intendersi, piuttosto, come una opportunità che si propone e di cui si può disporre” (p. 59).
L’approdo al concetto di sociosofia nasce da una precedente riflessione intorno all’etimologia della parola sociologia, composta dal termine greco logos e da quello latino di socius. Visto e considerato che, secondo l’autore,
“pensare il sapere della società solo in termini di logos, pare, nell’attuale fase storica, non sufficiente, o, comunque, poco risolutivo” (p. 60);
ecco perché egli ritiene opportuno
“pensare la sociologia anche come sociosofia, intendendo la società come una forma di sofia, ossia come una conoscenza non solo ordinatrice, ma anche capace di conservare un elemento di stupore, in cui, cioè, il rapporto tra soggetto e oggetto riacquisisce armonia e equilibrio, comprendendo, in tal modo, che la vera oggettività scientifica richiede l’applicazione di valide categorie che organizzino i dati nel loro effettivo significato, non la ricezione passiva di dati fatti” (ibidem).
Le dimensioni fondamentali della sociosofia sono costituite dalla articolazione di soggettivo e oggettivo (sintesi dell’impostazione weberiana incentrata sull’azione di senso e di quella di Durkheim, tesa invece a coalizzare i fatti), dall’apertura del possibile (presente nella riflessione della cosiddetta Scuola di Francoforte, la quale evitava di naturalizzare la società, ritenendola invece un evento storico aperto al possibile) e la cura (che l’autore rinviene nell’approccio post-strutturalista di Foucault, il quale si rese conto che nella società attuale
“si verifica non una costruzione della soggettività, ma un processo di assoggettamento, che si realizza proprio attraverso discorsi, ossia tramite i sistemi di sapere, di pensiero, attraverso il linguaggio, le pratiche di discorso, le discipline. Indagando queste dimensioni, l’approccio di Foucault evidenzia il rischio di dominare gli altri e di esercitare su di loro un potere tirannico” (pp. 76-77).
Secondo Giacomantonio, sulla scia di Foucault, tale rischio trae origine proprio dalla mancanza di cura di sé.
L’autore, nell’epilogo, afferma l’importanza delle tre dimensioni fondamentali della sociosofia, ossia l’articolazione, l’apertura e la cura, poiché se gli uomini rinunciassero ad una sociologia fondata su queste tre dimensioni, allora “questa stessa disciplina li renderebbe, allora, solo automi e non autonomi e essa, in quel caso realmente, avrebbe fallito come scienza” (p. 94).
Sociologia e sociosofia. Dinamiche della riflessione sociale contemporanea
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