Sono il fratello XX
- Autore: Fleur Jaeggy
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2014
Alcuni critici letterari hanno detto chiaro e forte che dopo Elsa Morante, Fleur Jaeggy è la nuova scrittrice di questo millennio. Andiamo cauti. Morante tuttora è ancora molto venduta in edizione economica, ha lasciato almeno quattro capolavori, tra cui La Storia.
Fleur Jaeggy non scrive più da diversi anni, questa raccolta di racconti Sono il fratello XX (Adelphi, 2014) è per ora il suo ultimo libro.
Jaeggy è diventata famosa per Il romanzo I beati anni del castigo, un vero capolavoro per forma e contenuto, a cui poi sono seguiti romanzi brevi e racconti.
Donna di grande raffinatezza e molto timida, Jaeggy ha sempre evitato querelle letterarie e ci ha consegnato questi racconti dal titolo Sono il fratello XX (Adelphi edizioni, 2014).
Vissuta tra Zurigo e Roma, e poi stabile a Milano, conosce il tedesco come madrelingua insieme all’italiano. I suoi racconti sono sempre perfetti, cesellati. Sono brevi, perché non hanno parti descrittive. Esprimono stati d’animo di chi vive sull’orlo di un burrone ma teme e desidera il vuoto. Tra i racconti ne troviamo uno dedicato alla sua grande amica Ingeborg Bachmann, autrice di versi, scrittrice, giornalista che ebbe un destino crudele. Mentre fumava prese sonno e la sigaretta incendiò la sua vestaglia di nylon. Abitava in via Giulia a Roma . Fu portata al Sant’Eugenio, reparto grandi ustionati, dove morì dopo venti giorni atroci. I libri della Bachmann sono pubblicati dalla casa editrice Adelphi, fondata da Roberto Calasso, che fu editore e scrittore, marito della Jaeggy.
Un racconto ambientato a New York è dedicato a Josif Brodskij, dal titolo Negde.
Il grande poeta e scrittore abitava a Brooklyn e in inverno aveva tutte le finestre aperte perché voleva sentire il freddo di San Pietroburgo e poi amava camminare di notte.
Il primo racconto che apre il libro, Sono il fratello XX, una famiglia borghese con due figli. Il ragazzino e la sorella più grande che si interessò del fratello quando i genitori morirono. Sì, perché in quella abitazione gli adulti davano ai figli e a loro stessi dei sedativi fortissimi che li facevano dormire dodici ore. La sorella tutrice ci tiene al fratello, ma non fa gesti esteriori per dimostrarlo. La ragazza è attratta dal vuoto delle abitudini. Non vuole essere toccata. Riguardo al vuoto, in un’intervista rilasciata ad Antonio Gnoli su Repubblica del 2 agosto 2015, Fleur Jaeggy disse:
Vuoto è una parola giusta. Bisogna essere in un proprio vuoto. Vuoto è silenzio. È solitudine. È assenza di relazioni. A volte mi penso come una persona priva di personalità. Senza vita. Non vorrei niente. Salvo la mia macchina da scrivere verde. So sempre meno di me stessa. E ti confesso che cominciò a provare un certo fastidio di me.
Implacabile Jaeggy, che nei racconti di questo suo libro scava l’insondabile, scrive di una donna che parla a una tazzina, o di un personaggio cui viene chiesto cosa vuole fare da grande e che risponde che vuole solo morire.
L’unica consolazione sono gli animali e un racconto ha come titolo Gatto. Eppure è una donna amabile, amava il marito in modo distante, in modo devoto.
Non ha mai avuto bisogno di pubblicare, ma è indubbio che ora sono quasi dieci anni che non scrive e non rilascia interviste.
Forse la delusione è proprio nello stile di scrittura che ha fatto proprio: bambini strani e dipendenti da sedativi o morti. E poi come viene raccontata la figura materna: una donna che vuole solo dormire, che è distaccata da tutto e da tutti, non ama mai troppo i figli che tratta come fossero esseri alieni, l’amore fisico che è drammaticamente al centro delle storie che a lei non piacciono, le relazioni adulterine, l’infedeltà. La sua passione per i mistici, ma mai irriggimentata in un dogma o da abitudini quotidiane religiose, il silenzio, il rifiuto, almeno fino al 2015, del computer e di Internet che un po’ le pesava, trovando inoltre indecenti i social newtork.
Una borghese che ha studiato nei colleghi, che ha letto tutti i classici, tanto che il racconto migliore della racconta è sulla cattiveria delle suore nei confronti delle ragazze belle. Perché, per due anni, Fleurs Jaeggy è stata una modella, scelta per la sua raffinatezza estrema. Non sfilate, no, ma solo fotografie, siamo ancora in una Milano tutta da scrivere, chiusa, priva di lustrini, e no, non ci sono attinenze con la Morante. Solo una, l’amore per gli animali, tutti, ma in particolar modo dei gatti. Niente di che, insomma, i gatti li amano milioni di persone.
La perdita di Ingeborg Bachmann, forse per l’autrice è stata la cosa più dura da mandare giù, perfino rispetto alla scomparsa di Roberto Calasso. Della Bachmann Fleur Jaeggy conserva una scatolina d’argento minuta, a forma di cuore che tiene sulla sua scrivania.
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