Stanley Kubrick e me
- Autore: Emilio D’Alessandro, Filippo Ulivieri
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2012
Trent’anni accanto a lui. Rivelazioni e cronache inedite dell’assistente personale di un genio
Ci sono gli aggettivi che qualificano Kubrick da che immaginario cinematografico è stato immaginario cinematografico: rigoroso, misantropo, ipocondriaco, geniale, burbero, pignolo, di talento, provocatore, filosofo. Oggi si aggiunge il ritratto che ne fa il suo autista-tuttofare-amico Emilio D’Alessandro in “Stanley Kubrick e me” (Il Saggiatore, 2012), che, se non proprio un’altra storia, tramanda ai posteri la verità sul genio visto da vicino. Il come e il perché un italiano - brevilineo, emigrante, bruttino, ex pilota di auto da corsa - finisca alla corte di una leggenda vivente - vanno cercati nelle stelle o - se proprio non ci credete - nei ghiribizzi del caso. Ciò che importa è che l’avventura di Emilio nel Paese delle Meraviglie (cinematografiche) comincia un giorno del 1971, con una “corsa” in apparenza come le altre, a Abbots Mead (la villa a nord est di Londra di Kubrick) e finisce con un cameo in "Eyes Wide Shut" (nel film era l’edicolante di Tom Cruise), passando per lunghi anni senza fiato (e senza nemmeno orari fissi di lavoro), portando a spasso il fallo porcellanato di "Arancia meccanica", salvando Ryan O’Neal da un manipolo scatenato di fan in gonnella, mangiando con la fulgida Marisa Berenson (di "Barry Lindon") in una trattoria per camionisti, gironzolando nei corridoi dell’Overlook Hotel di "Shining", o per le strade del Vietnam-londinese di "Full metal Jacket", senza mancare di incrociare qua e là facce da cinema del calibro di Francis Ford Coppola, George Lucas, Steven Spielberg, James Cameron, Jack Nicholson, per dirne alcuni.
Nella sterminata residenza-studio di Childwickbury, col tempo e nel tempo, il rapporto tra l’autista e il regista americano diventa qualcosa di più, si consolida, al punto da coinvolgere i rispettivi “privati” (difficoltà familiari, viaggi in auto, break di caffè americano, partenze e ritorni), in una parabola esponenziale di fiducia reciproca che può scriversi anche con il nome di amicizia. D’Alessandro (con Filippo Ulivieri) racconta benissimo il film di una vita (della sua vita) fianco a fianco di Kubrick (mica da tutti, dati miti, leggende e talenti di cui sopra), e riesce a farlo in tono misurato, lieve, appassionante, gradevole. Ne scaturisce il ritratto inedito di un uomo poco comune, alle prese coi piccoli/grandi dilemmi della quotidianità e di un regista raccontato a partire dal “dietro le quinte” dei suoi film. A rafforzare il taglio “personale” della vicenda, il libro si avvale di una succosa documentazione fotografica, e di una raccolta di messaggi e lettere autografe di Kubrick.
Se amate leggere di cinema e di vita vera - che a volte, come si sa, supera la stessa fantasia - non perdetevi questo libro. Costa 17 euro e li vale tutti.
Stanley Kubrick e me. Trent'anni accanto a lui. Rivelazioni e cronache inedite dell'assistente personale di un genio
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