Stecchiti
- Autore: Mari Roach
- Categoria: Narrativa Straniera
Cosa può esserci di più irriverente del parlare a chiare lettere senza alcuna forma di pudicizia della morte? Parlare dei cadaveri. Corpi finiti dentro alle bare accuratamente richiusi e poi portati via dalla visuale dei comuni terreni. Per non turbare vista odorato e altri sensi mentali a cui poco gioverebbe la vista di larve, piccole mosche, odori dolciastri e fanghi marroni che si sprigionano senza sosta dal corpo di qualcuno che, prima di allora, era uno di noi.
Eppure i cadaveri sono importanti. Sono fondamentali. C’è chi decide di donarli alla scienza che opportunamente li utilizza per sperimentare nuove tecniche chirurgiche o per fare esercitare la mano traballante di qualche giovane allievo.
C’è chi poi ne studia la decomposizione in diverse circostanze atmosferiche per dare un valido contributo alla medicina forense nello stabilire date esatte di morti improvvise violente.
C’è chi li fa schiantare, esplodere sotto una bomba, chi li fa impattare in macchine ad alta velocità. Lo scopo è sempre quello di far comprendere meglio a noi comuni mortali come e cosa succede nelle circostanze peggiori, quelle in cui non sarebbe ragionevole utilizzare persone vive per comprendere meccanismi misconosciuti.
Allora, per leggere questo libro bisogna armarsi di una buona dose di ironia e di stomaco perché alcuni dei capitoli di questo libro potrebbero essere seriamente responsabili di una cattiva digestione o di incubi ancora più turbolenti.
Perché pensare che in Cina era ed è buona usanza utilizzare feti morti per curare l’asma o malattie della pelle lascia un po’ l’amaro in bocca oltre alla speranza che questa sia una delle tante leggende metropolitane; vero è, però, che sempre in Oriente è usanza che quando un genitore si ammala il figlio offra una parte di sé al parente cucinandogliela a dovere. Avete capito bene. Pezzi di coscia saltati in padella o frammenti di seno al forno. Ma il campionario delle stranezze non finisce qui. Provate a leggere un po’ la storia degli uomini mellificati e forse potreste avere dubbi reali sull’integrità mentale dell’essere umano.
Il libro non si regge esclusivamente sui viaggi in qua e in là di questa giornalista che a tutti i costi sembra volerci far andare di traverso le pagine, ma è anche una riflessione ostinata sull’anima e sul suo ruolo dopo la morte. Dove si trova infatti l’anima? Nel cuore o nel cervello? Provate a pensare che strana sensazione deve essere se la vostra testa viene staccata e rimpiazzata con un’altra. A scimmie e cani è successo. Prodigi e follie della scienza.
Sembrano aneddoti inventati per inquietare invece è tutto vero e questo libro documenta tutto o quasi ciò che esiste o è esistito intorno al mondo dei cadaveri. Lo scrupolo è doveroso, così come le riflessioni etiche che affiorano man mano perché, seppure l’intento fosse quello di sdoganare con minuzia di fatti il mondo della morte, il pensiero inevitabilmente va al futuro corpo che saremo.
E allora cominciate a riflettere, volete donare il vostro cranio alla banca dei cervelli di Harvard? O preferite che venga usato nei crash test?
Per il vostro funerale è meglio il compostaggio? O preferite essere disintegrati da una corrente di acqua ad alta pressione?
E si termina così con un’ultima riflessione: meglio lasciare ai vivi la scelta del nostro corpo dopo la morte, meglio non angustiarli troppo con pretese impossibili, meglio non esagerare insomma con manie di egocentrismo che superano il tempo del nostro ultimo battito.
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