Storia del cinema italiano
- Autore: Mino Argentieri
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2006
Storia del cinema italiano di Mino Argentieri (Newton Compton, 2006) è un viaggio nei cent’anni e più del nostro cinema, dagli inizi del Novecento con il muto al festival cinematografico più antico del mondo, la Mostra d’arte cinematografica di Venezia; dal Neorealismo ai leggendari anni Sessanta per poi arrivare agli anni duemila, le tv commerciali, e le controversie con le nuove tendenze delle fiction. Un compendio, scrive l’autore, che assomiglia
a un volo che non sia a quota troppo alta né rasente il suolo.
È una straordinaria guida sul cinema italiano per un lettore incuriosito, per chi voglia conoscerne la storia, i registi, le opere, i filoni cinematografici e gli aspetti tecnici e simbolici.
Mino Argentieri, pescarese, classe 1927, è uno storico del cinema italiano, già docente di Critica e storia del cinema presso l’Istituto Orientale di Napoli ed è uno dei più noti critici cinematografici. Il saggio è una lettura interessante, piacevole quanto utile, perché offre, con il suo percorso storico, uno strumento utile e prezioso a chi di questa materia è uno studioso, e a chi non lo è, come me, spunti di pensiero.
“Quando il cinema è nato, l’Italia era prevalentemente un paese agricolo, povero, con milioni di analfabeti, uniti da meno di un trentennio, scosso da agitazioni tumultuose, retto da governi reazionari. Nel maggio 1898, le truppe del generale Bava Beccaris avevano insanguinato le strade di Milano attraversate da manifestanti che protestavano per il caro pane. C’è n’è ricordo in L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi del 1978.“
È questa la magia del cinema! Un’emozione che colpì subito gli italiani e, mentre il teatro e l’opera erano esclusivi per le classi nobili e agiate, il cinema proiettato nelle sale e negli oratori ebbe una funzione oltre che di diletto anche educativa e sociale. L’autore apre la sua narrazione con il cinema muto in Italia, che visse una florida stagione: le prime imprese finanziate dalle banche, stabilimenti di prosa, un lavorio frenetico di migliaia di persone tra figuranti e aspiranti attori in tutto il nostro paese, da Milano a Catania, e la sua storia mi ha molto affascinato. La presa di Roma di Filoteo Alberini del 1906 è uno dei primi film che venne girato in uno stabilimento in via Appia Nuova a Roma. Il successo della settima arte contagiò da subito altre città italiane: Torino, che verrà definita la Mecca di cinema muto, Napoli, Milano, Catania, Genova e Firenze. Ovunque nasceranno case di produzione e si lavorerà senza sosta nei teatri di prosa e il successo delle proiezioni cinematografiche sarà tale che il governo Giolitti adotterà disposizioni di censura. Anche gli scrittori lavoreranno per il cinema, vendendo i diritti dei loro romanzi e delle novelle: Matilde Serao, Giovanni Verga, Guido Gozzano. Le scenografie diverranno costruzioni in rilievo, non più come prima solo tele dipinte, ma veri e propri fondali per dare spazio a riprese con bighe, cavalli, campi di battaglia, eruzione del Vesuvio, lotte tra gladiatori. Con l’entrata in guerra dell’Italia, il nostro cinema diviene patriottico perché era importante infiammare gli animi: alcuni strati della popolazione contadina e operaia, pur obbedendo e marciando, erano riluttanti. Saranno anni nei quali nascerà il divismo: la stampa si occupava del cinema e incoronava gli attori e le attrici nuovi idoli. Due erano le protagoniste indiscusse del momento: Lyda Borelli, una vera diva, e Francesca Bertini, che diva non lo era. Il sonoro arriverà durante il ventennio fascista e, mentre noi italiani ne apprendiamo l’utilizzo, in America impazza Singin’ in the rain con Gene Kelly.
Il cinema parla ma ha imparato anche a cantare.
Nell’Italia postbellica degli anni cinquanta il desiderio di dimenticare le sventure era grande. Di lì a pochi anni, Roma diventerà una piccola Hollywood con gli attori americani, amatissimi, a spasso in via Veneto. Furono anni nei quali l’economia cinematografica tirava come non mai e i nostri registi e autori erano premiati e apprezzati in tutto il mondo.
“Fellini in Otto e mezzo stravolge i modelli narrativi dominanti, visualizza il flusso di coscienza, coniuga il passato e il presente … Lo sguardo di Antonioni in La notte, L’eclisse, Deserto rosso e Blow up tacita emozioni e pulsazioni, si raggela, evolve dal concreto all’astratto, dalle certezze e dalla materialità del visibile all’impercettibilità delle verità più sfuggenti.“
Storia del cinema italiano è un saggio straordinariamente appassionante. Un secolo di storia della nostra arte cinematografica attraversato da guerre, mutamenti sociali e logiche politiche, che ha sempre trovato nell’obiettivo della macchina da presa la sua libertà di espressione.
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