Storia dell’opera lirica
- Autore: Roberta Pedrotti
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
È un piccolo mondo l’Opera, ma si apre a un orizzonte immenso da esplorare. Anche i neofiti potranno cominciare a farlo, condotti per mano da Roberta Pedrotti, con i suoi testi, i suoi eccezionali disegni, le schede illustrative e le numerose immagini d’epoca che impreziosiscono un volume di pregio non comune e comunque alla portata di tutte le tasche: Storia dell’Opera lirica. Dalle origini ai nostri giorni, pubblicato con ogni cura grafica dalle Edizioni Odoya di Città di Castello (ottobre 2019, 280 pagine).
Roberta Pedrotti è giornalista e critico musicale, laureata al Dams di Bologna, studiosa di drammaturgia musicale ed esperta in particolare di Rossini. Organizzatrice di iniziative dedicate ai giovani artisti, ha fondato e dirige “L’ape musicale”, rivista online di musica, arti e cultura.
Come abbiamo visto, "opera" sta familiarmente per opera lirica. Intraprendiamo un viaggio per conoscerla, in un libro che fa di tutto per renderci l’incontro il più semplice possibile, affascinante e perfino affettuoso.
In quanti modi si può chiamarla? Musica lirica, operistica, teatro musicale, melodramma, bel canto, lirica tout court. Rende suono, emozione e commozione i versi composti dai librettisti sulle partiture dei musicisti (o viceversa).
Ha quattrocento anni alle spalle, ma è sempre proiettata verso il futuro, perché il canto lirico è quello che i mezzi e le risorse tecnologiche di ogni epoca gli consentono di essere. L’Opera sta ai teatri - sempre più grandi e affollati nel Settecento e nell’Ottocento - come agli attuali apparati di riproduzione e ascolto. La lirica deve tantissimo alla diffusione delle radio negli anni Trenta del Novecento e più tardi alla comparsa degli apparecchi televisivi. È decisamente tributaria poi dello sviluppo dell’alta fedeltà nel mercato discografico. È passata dai 78 giri nei grammofoni a manovella alle incisioni nei microsolchi rilevate da puntine sensibili e amplificate da casse audio-stereo, mentre i piatti giravano a 33 rotazioni al minuto nel giradischi. E ora “viaggia” su supporti digitali molto pratici e pressoché indistruttibili, mentre quelli su vinile perdevano qualità a ogni ascolto.
L’autrice guarda all’Opera come a un genere vivo e universale, senza confini geografici, fa notare in una breve presentazione Azio Corghi, uno dei compositori italiani contemporanei più importanti.
L’Opera vive di passato, ma è attuale, non foss’altro perché continua ad avere pubblico, movimenta una propria industria ed è proiettata verso l’avvenire, dal momento che come ogni espressione d’arte concretizza quello che i grandi artisti hanno anticipato nelle loro menti quando ancora non esisteva. C’erano solo le sette note base, prima che un compositore mettesse insieme quella particolare combinazione musicale che ha fatto emozionare, piangere, innamorare milioni di melomani in tutti i continenti.
"Da nulla alla realtà, in questo l’Opera è rivoluzionaria", insiste nell’altra breve nota di presentazione il giovane maestro d’orchestra e interprete Francesco Lanzillotta. Sì, è rivoluzionaria, perché mai fine a se stessa. Non è mai ferma. Non lo è nelle forme di espressione, affidate di volta in volta a interpreti differenti e quindi mai uguali e non lo è nella percezione da parte del pubblico, che cambia da tempo a tempo, da platea a platea, da persona a persona.
Sbaglia chi la considera il massimo del vecchio, del polveroso, del superato: il melodramma è mutevole, sempre e per sempre diverso, sostiene Roberta Pedrotti. E sbagliano i modernisti, che si rivelano quanto mai superficiali: anche quello che oggi consideriamo classico è stato al suo apparire innovativo, alternativo, magari scandaloso.
Agli albori, nel primo Seicento, la lirica voleva rappresentare l’antichità in forma di favola cantata. Si nobilitava il mondo arcaico recitando in voce modulata, estesa, acuta. Nei temi bucolici si insinuarono negli anni degli aspetti estranei, con qualche situazione spiritosa o boccaccesca e una certa carica di sensualità. Gli esempi sono Giasone di Francesco Cavalli e soprattutto L’incoronazione di Poppea, del 1643, la più nota del secolo, dopo L’Orfeo di Monteverdi.
Faceva scuola l’opera all’italiana e in italiano. La nostra lingua divenne quella principale di un genere musicale in straordinaria ascesa. Si sviluppò una koinè canoro-musicale europea, che adottò la parlata del Bel Paese e avviò al successo compositori, librettisti e cantanti. Tra questi, fino a tutto il Settecento le parti femminili restavano appannaggio delle acutissime doti vocali dei castrati, gli evirati cantori, ma l’Illuminismo e la Rivoluzione francese fecero giustizia. Da una parte proibirono le mutilazioni inflitte a poveri giovanetti in età prepubere, per inibirne lo sviluppo maschile e l’ispessimento della laringe, dall’altra cancellarono il divieto per le donne di calcare le scene dei teatri pubblici. Nacque la bella stagione delle soprano.
L’affermazione dell’Opera Buffa fece fiorire un sottogenere importante e acclamato. A cavallo del XVIII secolo fecero irruzione sui palcoscenici le lacrime, il pathos offerto dai cantanti e “sofferto” dagli spettatori. Da allora, la musica lirica italiana ha continuato a trovare grandi interpreti e grandissimi musicisti, fino ai giorni nostri.
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