Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore)
- Autore: Sergio Staino
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2021
Il Partito Comunista Italiano muore prematuro all’età di settant’anni. Soppresso per eutanasia riformista, malgrado la coscienza pura, gli strappi ripetuti con la casa madre URSS, malgrado Berlinguer, malgrado fossimo “comunisti a modo nostro” (Emanuele Macaluso), “diversi e uguali” dal resto dei partiti (Nanni Moretti). Sulla scorta emotiva della caduta del muro di Berlino e della crisi sovietica, Achille Occhetto e l’ala riformatrice con lui, pensano bene di ripudiarne il nome (da PCI a PDS) e successivamente il simbolo: quella falce e martello per la quale avevano trepidato i cuori di milioni di italiani (partigiani, operai, studenti, intellettuali); convinti che comunista significasse essere
“più di se stesso: era come due persone in una/ Da una parte la personale fatica quotidiana/ e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo/ Per cambiare veramente la vita”. (G. Gaber, Qualcuno era comunista)
La Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore) di Sergio Staino (Piemme, 2021) riprova due ulteriori attitudini dell’ontologia comunista: la prima riguarda l’attitudine alle lacerazioni – politiche (sin dalla svolta di Livorno di un secolo fa) e interiori –; la seconda a un modus agendi, persino nella sua familiarità dialettica con la crisi, non assimilabile a nessuno, figuriamoci al pressapochismo intellettuale dell’odierna classe politica (dov’è finito il movente/collante dell’ideologia?).
Quando leggo le strisce di Bobo (il barbuto-panciuto-polemico-caustico-problematico militante forgiato dalla matita di Staino), mi succede una cosa che mi succede soltanto davanti ai primi due film di Fantozzi: piango e rido al tempo stesso. Piango di commozione perché Bobo “siamo noi” che ci abbiamo creduto e persino contro ogni logica continuiamo a crederci; rido perché per autodifesa ormai riesco a ridere solo delle battute intelligenti: le battute che si richiamano alla politica e – si parva licet – anche all’ambito più esteso della condizione umana di Bobo, per esempio. Bobo e Staino sono Bobo & Staino, un tutt’uno più ancora che madame Bovary e Gustave Flaubert (“madame Bovary c’est moi”). Un brand intellettual-marxista-leninista, diventato col tempo semplicemente progressista. Braccio e Mente di un diario caustico-affettivo sull’ex Belpaese visto da sinistra. Bobo & Staino sono complementari l’uno all’altro: oltranzisti della battuta amara, magnifici rettori di crisi ideali e personali, buonisti persino, se non altro “perché con la cattiveria non si costruisce nulla”. Insieme hanno attraversato controvento mezzo secolo di storia italiana e i settant’anni di P.C.I. vedendosela coi tempi che cambiano, i miti che crollano, i craxismi e i berlusconismi, oggi coi sovranismi; e tutto ciò alla luce ideale del medesimo donchisciottesco cipiglio da anti-eroi.
Storia sentimentale del P.C.I. muove dunque dalle campagne toscane del secondo dopoguerra e da un nonno di fede comunista e arriva a una vignetta dove si vede il cielo oppresso da una fitta nuvolaglia, e Bobo che contro ogni evidenza, assicura:
“Eppure, ragazzi, sono ancora convinto che, dietro dietro dietro…c’è il sole”.
Leggi il bel sole socialista dell’Avvenire.
Questo nuovo libro di Sergio Staino non è un libro furbo. Tutt’altro: è un diario sentimentale stra-ordinariamente denso e sincero, più di quanto ci si possa aspettare da un libro sui 100 anni del P.C.I., scritto da uno che di mestiere (per sua e nostra fortuna) non fa il politico e nemmeno il giornalista politico (o forse questo sì?... ci sono modi e modi di raccontare la vita e la politica). I ricordi di prima mano di Sergio Staino coincidono cioè del tutto con le stazioni esistenziali della Sinistra – e della Sinistra a sinistra della Sinistra. Il loro riepilogo avviene “dal di dentro”, attraverso slanci e contraddizioni di cento anni. Fatti, fattacci, fattarelli inediti, in quanto personali, che sfiorano l’Unione Sovietica, filocastrismi e filocinesismi, Che Guevara, Togliatti, l’Unità di Macaluso e quella di D’Alema e di Veltroni, snodi epocali ed errori fatali: quello che è stato fatto e quel che si poteva fare e non è stato fatto, fino alla caduta del Muro e all’estinzione in progress dell’ideale comunista. Sostituito invero da un finto ideale ben più subdolo e soggiogante: quello del Capitale.
Storia sentimentale del P.C.I. è un libro narrativo, ma la vignetta a cui Staino affida l’ultima parola mi rinforza nella speranza che in fondo in fondo in fondo le masse oppresse siano ancora e ancora in attesa, se non della dittatura del proletariato, quanto meno di un riscatto sociale. In politica ritengo si sia toccato il fondo e dal fondo dicono si possa soltanto risalire.
Storia sentimentale del P.C.I. (anche i comunisti avevano un cuore)
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