Sul fronte di Gandesa. Volontari del Canavese, del Ciriacese e delle Valli di Lanzo dall’emigrazione alla guerra civile spagnola (1936-1939)
- Autore: Gianpaolo Giordana
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Nella collana Piemontesi storie e memorie, della Tipografia Editrice Baima & Ronchetti, di Castellamonte-Torino, spicca Sul fronte di Gandesa. Volontari del Canavese, del Ciriacese e delle Valli di Lanzo dall’emigrazione alla guerra civile spagnola (1936-1939), un lavoro di Gianpaolo Giordana, con fotografie d’epoca nel testo (ottobre 2015, 150 pagine).
È la storia di una trentina di volontari originari di alcune valli piemontesi, tra i cinquecento italiani nelle Brigate Internazionali, costituite da quarantamila stranieri, che nella guerra civile spagnola 1936-39 si sono battuti per difendere la democrazia e il governo repubblicano dalle forze golpiste del generale Francisco Franco. Ventotto biografie: ventisette autentici antifascisti e un “rosso per caso”.
Dopo la monografia dedicata nel 2011 ai valdostani, da ricercatore instancabile di storia locale, Gianpaolo Giordana è tornato sul conflitto civile in Spagna, significativo sotto tanti aspetti e che ha preceduto la seconda guerra mondiale.
Nato nel 1939 a Torino da genitori di Dronero (Cuneo), vive in Valle Maira dalla fine del 1942, dove la famiglia si era allontanata dal capoluogo per sottrarsi ai pesanti bombardamenti aerei alleati. Antifascista e ambientalista, si batte da anni a difesa delle sue Valli alpine dai grandi invasi e progetti di circolazione (TAV in Val di Susa). Dirige da tempo il semestrale di cultura occitana “Valados Usitanos” e dal 2001 porta avanti negli archivi in Italia, Francia e Spagna la complessa ricerca sugli antifascisti piemontesi e valdostani volontari nella guerra civile scatenata dal sollevamento dell’esercito iberico nell’estate 1936.
L’attenzione si è rivolta anche ai reduci di quella lotta per la libertà, che pochi anni dopo hanno ripreso a battersi contro i nazifascisti nella Resistenza francese e italiana.
Si diceva dei ventisette valligiani orientali piemontesi (sei caduti, un disperso e nove feriti), voluntarios internacionales de la libertad tra i quarantamila combattenti di oltre cinquanta Stati. Per lo più i connazionali andati a fermare l’avanzata franchista erano giovani emigrati in Francia, ma non mancavano quelli tornati dalle Americhe. In gran parte si trattava di operai e manovali, in misura minore di tecnici, contadini, intellettuali, ma tutti erano decisi a difendere la libertà e la democrazia del popolo spagnolo, in attesa di poter tornare ad affermarle in casa propria.
“Oggi in Spagna, domani in Italia”, come ripeteva Carlo Rosselli.
Una curiosità sul titolo. Gandesa richiama il testo di una famosa canzone diffusa tra i repubblicani nella guerra civile, “Si me quieres escribir”. La seconda strofa inizia con le parole: Se vuoi scrivermi, conosci l’indirizzo: sul fronte di Gandesa, prima linea del fuoco.
En el frente de Gandesa riporta alla battaglia del luglio-ottobre 1938, ultima grande e accanita, quando la sconfitta repubblicana sembrava segnata. Un richiamo non casuale, perché al netto dei volontari già caduti o feriti, di quelli rientrati e degli anarchici non arruolati nelle Brigate Internazionali, i canavesani, círiacesi e lanzesi militavano soprattutto nel battaglione Garibaldi della 12a, sull’Ebro.
Alcuni riportarono ferite serie e uno, l’eporediese Rolando Quagliotti, perse la vita nel settembre del 1938, nella Sierra Caballs.
Molti dei piemontesi del saggio di Giordana affrontarono i connazionali fascisti nella battaglia di Guadalajara, a febbraio del 1937. Opposto a quattro divisioni legionarie (tre di camicie nere ed una del Regio Esercito), rinforzate da Banderas miste spagnole, il battaglione Garibaldi concorse validamente alla prima durissima sconfitta militare in campo aperto delle truppe di Mussolini, mal guidate e costrette a ritirarsi disordinatamente davanti ai repubblicani, subendo feriti e congelati e lasciando sul campo caduti, dispersi, grandi quantità di materiali, armi e munizioni, insieme a generi di conforto apprezzatissimi, sigarette, cioccolata e liquori.
Il rientro dei volontari internazionali dalla Spagna cominciò il 21 settembre del 1938, dopo un accordo sotto l’egida della Società della Nazioni.
Se il governo repubblicano operò il ritiro dai fronti di tredicimila combattenti internazionali, nel campo opposto si provvide al rimpatrio di altrettanti legionari fascisti italiani, ma restarono operativi quasi quarantamila tra fanti, bersaglieri, artiglieri, carristi del Corpo Truppe Volontarie, tutto il personale dell’Aviazione Legionaria e pressoché tutti gli specialisti della Germania nazista, quindici-ventimila aviatori, artiglieri e carristi.
Molti veterani antifascisti, italiani compresi, non potendo però fare rientro nei loro Stati governati da regimi fascisti o autoritari, furono costretti a restare a titolo personale o a cercare un sempre difficile asilo politico.
Un ultimo cenno al “rosso per caso”, un trentenne della Val di Lanzo espatriato in Francia e poi in Spagna per lavorare come contadino e minatore, che si era ritrovato nelle Asturie, assediate dai franchisti. Costretto ad arruolarsi nella milizia repubblicana, fece di tutto per evitare di battersi. La patente di antifascista gliela riconobbero di fatto solo i franchisti, che lo tennero sotto pesante reclusione e osservazione.
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