Sull’infinito
- Autore: Sergio Givone
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2018
Un uomo solo. Un Ulisse romantico. Un viaggiatore ontologico. Un emblema. Intorno a lui una nebbia che ottunde la percezione superficiale, e la natura dintorno. Il viaggiatore indossa abiti di forgia ottocentesca. Ci da le spalle: presidia come una vedetta (sentinella quanto resta della notte?) uno spuntone di roccia fissando oltre la caligine aurorale, aldilà del manto di foschia che avvolge il paesaggio. Il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich (1818) è preso forse dall’osservazione del sublime. Dell’infinito cui esso potrebbe rimandare, semmai fosse possibile rimandare a un concetto impensabile come quello di infinito.
In due parole: il dipinto di Friedrich è assiso sull’abbrivio tra indicibile e immanenza, il saggio che Sergio Givone gli dedica – “Sull’infinito” (2018) – fa parte della collana Icone. Pensare per immagini delle edizioni il Mulino. La traduzione speculativa che ne da l’autore - dal dipinto ai concetti evocati - è minuziosa. Ampia. Suggestionante. E stratificata. Ricominciamo dall’inizio: il quadro mostra un viandante che osserva l’orizzonte da una roccia ammantata di nebbia, come del resto la vallata attorno: questo è ciò che coglie l’occhio dello spettatore a prima vista. Un richiamo. Una chiave di accesso all’impalpabile. Agli stati d’animo sottili e possibili, come quelli alimentati dall’idea di infinito sulla quale Sergio Givone specula, divaga, si sofferma attraverso obiettivi di taglio estetico. E filosofico. Un concetto in sé paradossale - quello di infinito - che non ha mai smesso di attrarre l’interesse di pensatori, come di matematici. E letterati. Sergio Givone, tra questi.
“Se ci chiediamo: che cosa va cercando quell’uomo? Una risposta, improbabile fin che si vuole, ma tutt’altro che campata in aria, potrebbe essere: è l’infinito quel che cerca (…) il Viandante scruta l’orizzonte: pur non scorgendo i suoi occhi, tuttavia possiamo ben dire che il suo sguardo si estende ai confini del mondo e anche al di là (…) Il suo non è un osservare (scientificamente) o un contemplare (esteticamente), bensì uno scrutare, e dunque un cercar di vedere ciò che né l’osservazione della realtà empirica né la contemplazione della realtà ideale gli mostrerebbero. Noi non vediamo il viso del Viandante, però indoviniamo che il suo sguardo è rivolto a un punto che buca l’orizzonte dentro cui quel punto è collocato. Il momento ha una sua solennità, ed è davvero un momento cruciale, benché non ci sia dato sapere se l’uomo abbia o non abbia trovato ciò che cerca” (pp. 35-36)
Ma, a guardar bene - a guardare oltre -, la ricerca del soverchiante, come soverchiante risulta essere il concetto di infinito, prevede due opzioni ab origine: la resa supina o la reiterazione dell’atto, assecondando l’idea che il senso del cercare sta spesso nel cercare in sé.
Sull'infinito
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