Svaniti nel nulla
- Autore: Tom Perrotta
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2012
Un giorno. Un luogo. E un Evento. L’evento metafisico per eccellenza: migliaia di persone scompaiono nel nulla. Un momento prima c’erano e l’attimo dopo - puff - volatilizzati. Come rapiti dagli ufo. Assunti in cielo di punto in bianco, come peraltro desume qualcuno dei sopravvissuti al Rapimento di Mapleton. Qualcosa di inspiegabile che ha a che fare con le sacre scritture, con la fine del mondo e i cavalieri dell’apocalisse. Roba buona per dare la stura a sette e predicatori di ogni tipo. E pure a una sfilza dolorosa di ricordi e rimorsi, anch’essi di ogni tipo. Poiché dal giorno del Rapimento (14 ottobre di un anno imprecisato) per gli abitanti di Mapleton rimasti sulla terra, la vita è andata avanti ma non è stata più la stessa. Stephen King ha definito “The leftovers” (“Svaniti nel nulla”, ora anche nella collana tascabili delle edizioni e/o) “il miglior episodio di Ai confini della realtà che abbiate mai visto” e non è che l’abbia sparata tanto grossa.
Il romanzo è sicuramente originale e Tom Perrotta è uno che di scrittura se ne intende (romanzi, racconti, sceneggiature di successo). La cosa più bella di “Svaniti nel nulla” è che risulta capace di una suspense “sottile”: roba finissima, una specie di evocazione continua del perturbante interiore. Una morsa a livello inconscio che ti accompagna dalla prima riga del romanzo. In altre parole: Tom Perrotta garantisce alta tensione senza il ricorso agli espedienti tipici del genere. Ciò che doveva succedere a Mapleton è già successo “prima”. Il taglio è corale, il focus concentrato sui vissuti di protagonisti e comprimari. Anche se riconducibile all’alveo della letteratura post-apocalittica, “Svaniti nel nulla” ha passo e “sguardo” del tutto “normali”, per questo spaventa. Per Mapleton il “grande abbandono” è un peso continuo sulla coscienza collettiva. Un trauma non superato. Un mistero insondabile con cui fare i conti. Qualcosa di definitivo che ha lasciato i sopravvissuti alle prese con un bel po’ di dubbi e altrettante domande inevase. Gli stessi dubbi e le stesse domande che con ogni probabilità avrebbero attanagliato chiunque di noi fosse scampato al Rapimento. I dubbi e le domande che nemmeno la religione (una delle costanti più opprimenti del romanzo) riesce a contenere fino in fondo.
Per queste e diverse altre ragioni “The leftovers” è anzi tutto una storia di uomini e donne alle prese con uno stress da evento post traumatico. Persone che cercano in qualche modo di fare i conti con l’assenza (e il ricorso continuo alla fede cos’altro può essere se non un tentativo di colmare/spiegare un’assenza?), che brancolano nel buio ma cercano di cavarsela come possono. A questo romanzo si ispira l’omonima serie televisiva.
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