The Stanley Kubrick Archives
- Autore: Alison Castle
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Lo specifico cinematografico di Stanley Kubrick è quanto di più anti-hollywoodiano si riesce a immaginare. Fateci caso: pur visitando i generi uno a uno, Stanley Kubrick ne ha in ogni caso trasceso i canoni. Ha preso il guerra-movie e ne ha fatto una parabola sul Bene e sul Male (Orizzonti di gloria, Full metal jacket). Ha veicolato la sci-fi verso coordinate di metafisica pura (2001 Odissea nello spazio). Ha utilizzato l’horror per una discesa negli inferi della schizofrenia (Shining). Ha brandito due autentici capolavori della letteratura – i romanzi di Nabokov e Arthur Schnitzler - e li ammantati di un’aura ipnotica tutta sua (Lolita, Eyes wide shut). A seguito del lavaggio di cervello cui è stato sottoposto dal Sistema ci ha persino fatto impietosire per il drugo di Arancia meccanica, dopo avercelo fatto detestare per il resto del film.
Questi sono alcuni degli elementi che possono ricondurre il cinema di Stanley Kubrick verso statuti di meta-cinematografia. Prima ancora che al senso estetico, alla musica classica, alla psicoanalisi e alla filosofia, il cinema di Stanley Kubrick rimanda a latitudini sfrangiate di non-convenzionalità. Allo sguardo ulteriore dell’ultra-visione. La cosa che più sorprende dei film di Kubrick è che se da un lato operano scientemente per la decostruzione del senso di realtà (persino nell’iperrealistico Dottor Stranamore), dall’altro riescono a mantenersi coesi al piano del reale, attraverso il taglio simil-raggelato che, a tratti, li caratterizza. Quando nel fatidico Sessantotto, interrogato sul significato trascendente di 2001 Odissea nello spazio, Kubrick rispose che il film intendeva essere soprattutto un’esperienza non verbale, credo non provocasse. I film (ogni film) di Stanley Kubrick comunicano (anche) in modo subliminale: trascendono lo sguardo dello spettatore, puntando dritti all’inconscio.
Queste note sommarie sul regista che più di tutti è riuscito a traslare la visione cinematografica verso le geografie dell’autorialità, mi sono suggerite da un volume che, come si dice, è il volume definitivo sulla sua opera. Si tratta del sontuoso “The Stanley Kubrick Archives” curato da Alison Castle, adesso disponibile nella collana Bibliotheca Universalis di Taschen. All’imponente materiale visivo desunto dagli archivi - progetti di scenografie, schizzi, lettere, documenti, sceneggiature, bozze, note e programmi delle riprese - si aggiungono, disamine, articoli, commenti di kubrickologi di fama internazionale, e una corposa selezione di interviste rilasciate dal filmaker in persona. 861 pagine: un tomo imponente, in lingua inglese, che anche solo a sfogliarlo è capace di rimandare alla mente assoluta del genio. A parte una certa commozione, nemmeno questa mi sembra un’esperienza secondaria.
The Stanley Kubrick Archives
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: The Stanley Kubrick Archives
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