Thérèse Desqueyroux
- Autore: François Mauriac
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
Innumerevoli (e talvolta contrastanti) sono gli aggettivi che si possono utilizzare per descrivere la protagonista indiscussa di questo romanzo: borghese, colta, raffinata, curiosa del mondo ed amante dei libri, ma allo stesso tempo annoiata, immorale, dissennata, priva di amore materno, ambigua, solitaria, inquieta. Tutto questo ed altro ancora è Thérèse Desqueyroux, uno dei migliori personaggi scaturiti dalla penna dello scrittore francese premiato con il Nobel per la letteratura nel 1952.
Il sipario della narrazione si apre sul finire del processo a Thérèse, accusata di tentato omicidio nei confronti del marito ed infine assolta. Sulla strada del ritorno a casa, Thérèse ripercorre mentalmente le tappe della sua giovinezza che l’hanno condotta fin lì, svelando al lettore la sua enigmatica e controversa personalità.
La parte centrale delle vicende si svolge invece in Aquitania e per la precisione ad Argelouse, dove risiede Thérèse:
“Argelouse è veramente ai confini del mondo, uno di quei luoghi al di là dei quali è impossibile andare”.
Una volta giunta nella sua dimora borghese, tuttavia, non l’attende l’assoluzione del misfatto bensì la condanna della “famiglia”. Senza nemmeno riuscire a pronunciare una parola per giustificarsi, Thérèse viene infatti condannata dal marito Bernard, dal padre, dai suoceri e dall’adorata cognata Anne, e conseguentemente reclusa nella propria camera da letto, vincolata alla solitudine, alla riflessione forzata, all’annientamento di sé stessa. Thérèse può uscire e mostrarsi in pubblico solamente quando accompagnata da Bernard, nelle festività di rito, con l’unico obiettivo di salvare il buon nome del casato. La protagonista descrive così la propria inquietudine, il proprio smarrimento, il proprio vaneggiare che talvolta è speranzoso e talvolta distruttivo, ammettendo a sé stessa di curarsi solo dei propri pensieri, “dimenticandosi” persino di avere una figlia:
Guardi questa immensa e uniforme superficie di ghiaccio in cui tutte le anime, qui, sono imprigionate; a volte una crepa lascia intravedere l’acqua nera: qualcuno si è dibattuto, è sparito; la crosta si riforma […]. Eppur bisogna sottomettersi al grigio destino comune; alcuni resistono: da ciò quei drammi che le famiglie passano sotto silenzio, “bisogna mettere a tacere…” come dicono qui.
Nulla riuscirà a far rinsavire Thérèse che nei propri farneticamenti cerca comunque di discolpare se stessa e fino alla fine appare controversa e contraddittoria.
A distanza di qualche anno dalla prima edizione di questo romanzo (1927), Mauriac ammise che elaborò il personaggio di Thérèse prendendo spunto da Henriette-Blanche Canaby, processata nel 1906 a Bordeaux per tentato avvelenamento del marito, un grossista di vini. Lo scrittore francese restò talmente impressionato dal profilo psicologico di quella giovane condannata che decise di scriverne una storia, rimanendo successivamente lui stesso soggiogato da quella sua strana creatura, scomoda ed irriverente. Mauriac dedicò a Thérèse Desqueyroux un secondo romanzo (“La fine della notte” – 1935) e due novelle (“Thérèse dal dottore” e “Thérèse all’hotel”), di prossima pubblicazione con Adelphi.
Questo lodevole romanzo, riproposto da Adelphi nell’edizione del 2009, è annoverato, secondo gli accademici francesi, tra i dodici romanzi più significativi della prima metà del secolo scorso, e ne sono state create due trasposizioni cinematografiche: la prima risale al 1962, mentre la seconda, più recente, risale al 2012 (con Audrey Tautou).
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