Tracce a esse
- Autore: Simona Manganaro
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Non c’è molto da scrivere davanti a un libro di fotografie, c’è soprattutto da guardare, perché ognuna delle più di settantacinque immagini ha tanto da comunicare, in silenzio, nelle 158 pagine dell’album illustrato di Simona Manganaro Tracce a esse. Lo hanno pubblicato le Edizioni Pathos di Torino nella primavera 2019, con una breve didascalia a caratteri grandi, che cita il sociologo e filosofo Stefano D’Anna:
“Al ’dreamer’ che è in me, che spinge il mio sogno ad altezze oltre il mio intelletto e ad abissi oltre le mie emozioni che mi comanda per rendermi libero”.
A esse, come le impressioni di Simona davanti ai soggetti colti nei suoi scatti, un tumulto di reazioni a volte contraddittorie, a spirale, a tornanti.
Ha trasformato quegli impatti visivi in una sequenza di foto senza un filo conduttore, in bianco e nero, a colori, in grigio, a tinte sbiadite, a tinte vive e una in particolare rigata da graffi impressi graficamente, in rilievo tattile, come maglie di una catena che separano, ostacolano, chiudono l’accesso ad un cielo blu scuro, con una grande luna piena malinconica. Ha ritratto situazioni, persone, oggetti, ha eternato istanti, dando una forma alle sensazioni che hanno fatto vibrare la sua sensibilità di artista.
Simona Manganaro lavora nel mondo del cinema e vive con gli occhi aperti sulla realtà, anche se a volte sembra trasformarla in un sogno. Genovese (1978), è film maker a Roma e ha collaborato con importanti registi, curando a sua volta la direzione di backstage, anche per la serie televisiva Squadra Antimafia e per il film di Daniele Luchetti Chiamatemi Francesco. È stata aiuto regista del documentario Aquarius visionarius sul cinema di Michele Soavi e ha realizzato diversi docufilm, tra i quali Via dei Villini, sul caso dei rifugiati somali.
Quanto alla scrittura, nel 2013 ha vinto il premio della critica nel concorso letterario Omero, con un racconto breve, Righetto, dal quale è stato tratto un corto interpretato da Massimo Wertmuller. Il primo romanzo, Diario di bordo (2017), è stato considerato in modo lusinghiero dalla commissione del Premio Calvino.
In una prefazione istantanea, incorniciata come il resto dei brevi testi in pagine di particolare pregio grafico, spiega che “osservare è un privilegio”. Significa uscire da se stessi — o avere la scusa per farlo — e perdersi negli altri, tralasciare la propria storia ed entrare in quella di chi incontriamo, guardiamo, magari sbirciamo a sua insaputa. Il loro agire e il modo d’essere che esprimono in un certo momento — colto dallo scatto della tendina dietro l’obiettivo della macchina fotografica — diventa parte delle azioni e del modo d’essere di chi li fotografa.
“Si ha la possibilità di vergognarsi, senza che nessuno se ne accorga, di piangere qualcosa di profondamente proprio tra un cumulo di di verità e bugie, senza individuarne più il confine. Ogni scusa è buona per uscire di casa e osservare il mondo, tra riti e piccole ossessioni”.
Gli scatti esprimono le emozioni più varie. Gocce d’acqua piovana che rigano una finestra rendono indistinta la vista dell’esterno, abbagliata da un lampo di luce. Il muro fatiscente di mattoni di un edificio in rovina si apre con un varco senza infissi sopra un altro muro, di un’altra costruzione abbandonata, chiuso da una vecchia porta di vecchio legno bianco; un senso di una fragilità irrecuperabile. Un’anziana suora asciuga con l’angolo di un fazzoletto bianco una lacrima che vuole scivolare sul volto pieno di rughe: “la vita spezza tutti la salvezza nasce tra le crepe non riusciamo accoglierla completamente”, è il commento dell’autrice nella didascalia.
Pathos Edizioni sostiene con parte dei proventi dei suoi libri progetti di solidarietà per malattie rare infantili, bambini africani e cani abbandonati. Una quota del ricavato va alle onlus Gli amici del mondo di Bea, Kirua Children Tanzania e al canile ENPA di Chieri.
Tracce a esse. Ediz. illustrata
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