Trappola in fondo al mare
- Autore: Nicola Riolo
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2021
Sommersi sul fondo dei mari, relitti d’ogni tempo brulicano di vita e giacciono solo apparentemente in silenzio. Se lo dice Nicola Riolo c’è da credergli, perché frequenta le profondità subacquee da sempre, pluricampione mondiale di pesca in apnea. Aggiunge che i pesci che popolano quelle carcasse forse sono le anime dei tanti marinai, “mai veramente uccisi, né arresi, né dispersi” e ne ha tratto ispirazione una notte di lockdown, l’anno scorso, per il romanzo pubblicato fresco fresco, alla fine di giugno, Trappola in fondo al mare (288 pagine), per le Edizioni Newton Compton.
Per Nicola ci sono anche una data, 28 marzo 2020, un momento preciso, le tre di notte, e un sogno, che aveva sentito di dovere assolutamente raccontare. E l’incubo, la pandemia, il mostro invisibile che incombeva all’esterno e costringeva tutti a casa, “incerti sul futuro”, chiusi in un nucleo di sicurezza ma impossibilitati a uscirne, a causa di una malattia che stava mettendo a nudo la fragilità dell’uomo, come hanno sempre fatto le guerre, di solito.
L’immaginazione lo ha guidato verso le insidie di un grande conflitto, una sopravvivenza insperata e uno spazio, provvidenziale ma pur sempre limitato.
Vivere in una nave da guerra affondata, causi nell’ampia cellula centrale, stagna e ben rifornita: verrebbe di pensare a Pinocchio e al suo babbo nella pancia della balena, ma per dare un esempio della narrativa di Nicola “Nick” Riolo, più che a Collodi dovremmo fare riferimento a Jules Verne e alle avventure marinare di alcuni dei suoi personaggi.
Fantascienza? Certamente sì, anche se non possiamo rivelare troppo della trama, ma dopotutto secondo Riolo il mare “vive”, sicchP “viverci” non dovrebbe sembrare tanto fantascientifico. In un futuro, anche prossimo, chissà… stazioni subacquee… città sommerse…
Ma veniamo al romanzo. Nel Mediterraneo le ostilità sono cessate dalla primavera del 1945 e il 2 settembre firma la resa nella baia di Tokio anche il Giappone, l’ultimo Stato dell’Asse ancora belligerante contro gli Alleati. La seconda guerra mondiale è formalmente finita, un evento che va celebrato, anche con uno strappo alla regola che pretende sobrietà nelle consumazioni alimentari e soprattutto alcoliche, a bordo di una unità della marina militare statunitense. Per questo, il comandante dell’incrociatore pesante USS Resilience chiude un occhio sui festeggiamenti del suo equipaggio, mentre l’unità fa rotta verso lo stretto di Gibilterra, per tornare alla base di Newport, nel Nordamerica atlantico.
Un po’ tutti hanno esagerato, ma nessuno quanto due marinai ventunenni di Detroit, Billy D’Acquisto e Charlie Owen, già amici d’infanzia e ancora più legati dal fidanzamento con due bellissime sorelle, anche loro del Michigan. Uno è un ragazzone italo americano, 1.85 per 90 chili, l’altro un giovanotto semplice di fattoria, cresciuto in campagna. Se nessuno dei millecinquanta ufficiali, sottufficiali e comuni dell’unità si è fatto pregare per onorare le provviste insolitamente ingenti di superalcolici stivate tre anni prima dal previdente cambusiere Zelinski, nessuno si è impegnato più di D’Acquisto e Owen nel dare fondo alle bottiglie.
Sobrio e riflessivo, il commendante Mc Donovan guarda il mare dalla plancia, nella rotta verso il lontano porto militare nel Rhode Island. Ma un banco impenetrabile di nebbia, al traverso tra Biserta e il Banco Skerki, non gli consente di avvistare l’insidia a pelo d’acqua. Una mina esplode sotto la linea di galleggiamento, aprendo uno squarcio a poppa. Si dà corso alle procedure di sicurezza e l’incendio dei locali poppieri è domato, ma la nave continua a piegare di lato e affondare, finché diventa inevitabile abbandonarla.
Mc Donovan è l’ultimo a salire sulle scialuppe. Guarda colare a picco la bella unità, che il progettista aveva cercato di rendere inaffondabile. L’arrivo di un cacciatorpediniere italiano consente di mettere al sicuro i naufraghi e solo allora ci si accorge che all’appello mancano due marinai.
Il giovane e geniale ing. Thompson si era impegnato nel progetto di un incrociatore moderno e unico, con cellule di sopravvivenza corazzate e locali stagni che ne garantissero l’inaffondabilità, per quanti colpi potesse subire. Aveva previsto un magazzino viveri molto capiente, per poter rifornire in mare altre unità. È un’armatissima nave fattoria, con animali vivi, volatili, conigli e alberelli, alimentati dalla fotosintesi clorofilliana garantita dal sole filtrante attraverso un enorme oblò schermato. Enormi quantitativi di ossigeno e soda caustica dovevano poi assicurare il necessario ai respiratori Aro a filtraggio della CO2, come quelli usati dagli incursori subacquei italiani.
L’impatto dello scafo sul fondale sabbioso, a 51 metri dalla superficie, sveglia i marinai scelti Billy e Charlie, intrappolati a bordo...
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