Se vi ci mettete d’impegno finite di leggerlo in un giorno. “Traslocando. E’ andata così” (Rizzoli, 2015) è un libro rock, scorre via senza inciampi, come le canzoni che sapete a memoria di Loredana Bertè: impossibile non star loro appresso. Tra i meriti che evidenzia fuori e tra le righe, ce n’è uno che salta agli occhi con evidenza: “Traslocando” è un’autobiografia che non le manda a dire. E per questo motivo è un’autobiografia insolita (nel senso di non paludata), fuori dai denti e fuori dal coro: Loredana Bertè scrive come canta, senza infingimenti. Non si autocelebra e nemmeno si piange addosso: sa dove deve arrivare e ci arriva, punto e basta. Ne discende che il taglio è sincero fino alla spudoratezza, un libro pieno di parolacce, di pensieri cattivi, tradimenti, orchi, cicatrici, nomi e cognomi, morte, successo, fantasmi, bastonate più prese che date: la versione di Loredana su storie e contro-storie riguardanti sé stessa. Più in traslato, e senza indugiare troppo su sterili psicologismi, può essere inquadrato come una raccolta di variazioni sul tema della “fuga” (“da una stanza senza quadri alle pareti, da una casa senza dolcezza, senza amore, senza infanzia”), come un “The end” morrisoniano al femminile, come l’omicidio simbolico (in senso freudiano) di padre e madre durato una vita, come l’urlo liberatorio - dunque esorcistico dell’altro urlo, munchiano - di un’artista/persona scomoda per vocazione, stato di grazia e necessità. C’è anche da dire che la vita di Loredana Bertè ne contiene almeno altre cento, più o meno riconducibili a un’ideale metafisica dell’oltre (oltre il benpensantismo, oltre quello che ti aspetti, oltre lo stesso andare oltre), spiegabile con il coraggio di muovere sempre e comunque le vele controvento. Dalle notti romane di bravate e bohème condivise con Renato (Zero) e Mimì (Mia Martini) ai primi successi musicali (“Sei bellissima”, “Non sono una signora”); dai primi amori di copertina al vero amore per Bjorn Borg che l’ha messa giù a tradimento. Tra frequentazioni di capi di stato, uomini e cantautori molto illustri e l’attacco rabbioso di “Luna” (1997), schiaffato in faccia al pubblico di Sanremo e a un Dio che non c’è mai quando più ti servirebbe: l’amatissima Mimì era morta da nemmeno due anni e Loredana, probabilmente, con lei. Se c’è una cosa che la vita non ha fatto con Loredana Bertè è risparmiarle i colpi bassi. Il fatto rilevante è che lei non si è prestata al gioco, ribellandosi al ruolo di sparring partner, ricambiando, se possibile, colpo su colpo.
“Traslocando” è quindi un libro acuminato e struggente, come sanno esserlo fuori dai libri le vite vere, le vite spese in bilico sul crinale di applausi e tragedia.
Traslocando. È andata così
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