Tu l’hai detto
- Autore: Connie Palmen
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2018
Un progressivo scivolare verso l’abisso: la vita di Sylvia Platt è stata segnata dall’attrazione per abisso. Un richiamo potente. Continuo. Ineludibile. Niente le importava in fondo più dell’estasi, e della caduta. Non si può dire per ciò che la morte l’abbia colta di sorpresa; o che sia stata un ospite inatteso all’interno della relazione tra lei e suo marito Ted Hughes.
Molto prima che decidesse di farla finita, la morte si era già annunciata a Sylvia attraverso la lingua dei suo emissari, primo fra tutti la depressione. L’ombra nera allungata anche sul suo matrimonio, la comprova di come eros e thanatos siano facce della stessa medaglia.
Dal morso con cui Sylvia sostituisce il bacio del primo incontro con Ted, amore e morte sono l’enucleazione sottesa alla loro storia, alla loro fine. “Tu l’hai detto” (Connie Palmen, Iperborea 2018) è un romanzo straordinario. Lo è per il garbo e la crudezza insieme che disvela. Lo è perché affonda negli specifici di una passione assoluta (non è mai facile). Lo è in quanto racconto rivelatore. Interiore. In quanto rompe il silenzio sull’andamento dei fatti, restituendo il punto di vista del carnefice a furor di popolo. La prospettiva di Ted Hughes, il Giuda insensibile, i marito fedigrafo al centro di illazioni. Il movente scatenante del suicidio di Sylvia Plath: 33 anni appena quando muore.
Nella storia reale Ted Hughes non ha mai speso parole su questa morte annunciata: con la misura densa dei grandi scrittori, Connie Palmen ne asseconda il silenzio, soffermandosi piuttosto sui plausibili moti interiori. Espoliando al contempo, senza pregiudizi, Sylvia Platt della patina di santa-martire con cui è di solito ricordata.
Perché “Tu l’hai detto” è il romanzo di Sylvia Platt e Ted Hughes. È la cronaca del loro amore giovane, fulgido e tormentato come solo gli amori destinati all’epos sanno essere: dal primo fiammeggiante incrocio al matrimonio precoce.
Dall’eden vagheggiato all’inferno di un legame via sempre più esclusivo, fagocitante, autodistruttivo, condizionato dai dettami della malattia mentale che assediava la scrittrice. Tra l’inizio e la fine della parabola sentimentale: viaggi, figli, scritture, successo, demoni, mondanità, sottesi in fondo a un medesimo filo rosso: quello dell’abisso. Sotto questo aspetto “Tu l’hai detto” – ottimo titolo evocativo, risuonante e lapidario come una sentenza cristologica – è anche il romanzo della lotta (perduta in partenza) di Ted Hughes – poeta di successo, inglese, attirato dai recessi dell’inconscio - contro la metà oscura di Sylvia Platt, enfant prodige senza requie, condannata alla rovina dai suoi fantasmi interiori prima ancora che dal cielo.
Tu l'hai detto
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