Tutto questo mi appartiene di Petra Hulova

Tutto questo mi appartiene (La Tartaruga, 2012) è il romanzo d’esordio della scrittrice ceca Petra Hůlová, che con questo libro si è imposta anche all’attenzione della critica internazionale.

La storia, narrata da più voci femminili, tutte appartenenti ad un’unica famiglia che vive nella solitaria steppa mongola, si incentra sulle scelte di vita di cinque donne.
Due di loro sono legate alla quotidianità dei ritmi fuori e dentro la gher e ai codici di comportamento tradizionali della comunità delle Montagne Rosse, lontana geograficamente e culturalmente dalla frenesia cittadina. È questo il caso di Alta, la madre, e di Ojuna, la più piccola delle figlie, la sola che crescendo seguirà l’esempio dei suoi genitori. Ojuna è anche la figlia legittima, un dettaglio ancora più rilevante dopo la scomparsa prematura della maggiore, Magi.

Le altre due figlie, Dzaja e Nara, rappresentano invece delle figure femminili alla ricerca di qualcosa di diverso. Si sentono rifiutate all’interno della propria comunità perché sono definite erlic, ovvero di stirpe impura. Entrambe sono figlie di padri diversi, pur essendo cresciute come le altre da Tuleg, il marito di Alta. I destini di Dzaja, la cui voce ci accompagna per buona parte del libro, e di Nara si assomigliano e si intrecciano, dall’infanzia fino alla scelta di trasferirsi nella città di Ulan Bator, dove affronteranno una situazione ben diversa dai loro sogni da adolescenti.

Infine Dolgorma, figlia di Dzaja e nipote di Alta, è l’emblema della nuova generazione: cresciuta in città e con contatti sporadici con le sue origini, è pronta a costruirsi un’identità consapevole anche condannando le scelte di chi l’ha cresciuta.

L’autrice riesce a racchiudere nelle vicende di questi cinque personaggi le riflessioni su cosa significa continuare a vivere nel segno delle tradizione o essere costretti, in maniera più o meno conscia, ad uno sradicamento materiale e valoriale.
Da sottolineare positivamente è, inoltre, la traduzione curata da Laura Angeloni, che ha lasciato alcune parole chiave in originale nel testo. Ciò permette al lettore di scoprire, anche linguisticamente, una cultura altra, senza però perdere l’opportunità di comprendere i concetti illustrati grazie al glossario finale.