Un alieno a Hollywood
- Autore: Toby Young
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2008
Direttamente da Venere (attenzione, non da Marte come gli uomini comuni: è un alieno anche in questo), l’alieno di “Un alieno a Vanity Fair” è tornato, e, stando alle note di copertina, è più esilarante che mai. Ma stavolta è rientrato a Londra, e le sue prospettive di lavoro sono pari a zero. Inoltre, deve fare i conti con la sua nuova condizione di uomo sposato e prossimo padre… Mi dispiace dover contraddire subito le note di copertina, ma questo “sequel”, in realtà, non solo è sensibilmente meno interessante del libro precedente, ma anche i passaggi che strappano un sorriso al lettore sono notevolmente diminuiti. L’esperienza di Young a Vanity Fair è stata ricca di aneddoti e generatrice di varie teorie e riflessioni sui meccanismi che regolano la vita in un certo ambiente e su come uno straniero mal vi si possa adattare. Una volta lasciato tale variopinto scenario, Young non ha altro da raccontare che la sua nuova avventura come padre di famiglia ed i suoi fallimentari tentativi di diventare sceneggiatore per il cinema (in effetti, alla fine gli riuscirà solamente di vendere i diritti del suo primo libro, che è diventato il film “Star system – Se non ci sei non esisti”).
Gran parte della narrazione, se non la quasi totalità, riguarda la sua nuova vita familiare. Finalmente Caroline, la donna della quale è innamorato, ha accettato di sposarlo, ma un uomo “vecchio stampo” come Young, fino ad allora un classico “bamboccione”, non può esimersi dai dubbi e dai ripensamenti di rito. Divertente e arguta la sua riflessione su come il 90% degli uomini veda il matrimonio come “la fine della pacchia”, anche quelli come lui che negli ultimi dieci anni hanno avuto non più di tre avventure da una notte, almeno due delle quali disastrose. Una volta sposati, la routine non fa neppure in tempo ad instaurarsi prima di essere sconvolta da una gravidanza inaspettata. Non solo: pochi mesi dopo il parto, Caroline si ritrova nuovamente incinta. La prima grande delusione, per Young è la scelta “antiquata e tradizionalista” di sua moglie di abbandonare la carriera per dedicarsi solo alla famiglia. Tanto più che questo non rende affatto più facile il suo progetto di trasferirsi a Los Angeles per inseguire la sua aspirazione di diventare sceneggiatore: Caroline è comunque contraria. Ma è un progetto, un sogno, o più propriamente un miraggio? Young, in realtà, non ha appoggi ne’ direzioni e non approda a molto, se non ad un contatto con un’importante personalità che riuscirà, come suo solito, a mandare a gambe all’aria. Alla fine Young, anche attraverso il cattivo esempio costituito dalla conclusione del matrimonio di un amico, rivaluta la priorità della famiglia rispetto alla carriera (lasciandoci però sempre il dubbio che si tratti della solita storia della volpe e l’uva), e ringrazia Caroline per averlo “incastrato” con la paternità, in perfetta corrispondenza alla vecchia mentalità secondo la quale gli uomini sono degli irresponsabili incapaci di impegnarsi, e spetta alla donna fare di loro dei mariti e padri perfetti, se necessario anche forzandoli o costringendoli (è auspicabile che non valga per tutti…). Di Hollywood, malgrado il titolo, si parla poco. Poche le descrizioni dell’ambiente e delle “regole inderogabili” che costituivano il succo del precedente libro, pochi i nomi. Leggetelo solo se avete letto il primo e se vi interessa sapere come procede la vita, soprattutto familiare, del Sig. Young.
Un alieno a Hollywood
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