Un bravo padre
- Autore: Noah Hawley
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2013
Paul Allen è un medico conosciuto a New York, fa il reumatologo, una branca di solito dove arrivano quelle malattie strane, capricciose, a carattere degenerativo. Vive nel Connecticut con la seconda moglie Fran, che lavora in casa, prenotando aerei, perché non sopporta l’ozio e due maschietti.
Ha avuto Danny da un precedente matrimonio con una donna, Ellen, scombinata e senza ambizioni. Danny ha vissuto perlopiù con la madre: la figura paterna era solo in uno spicchio di estate e nelle feste comandate.
La routine quotidiana finisce quando in televisione dicono che Daniel Allen ha ucciso il senatore Jay Seagram, il candidato dei Democratici alle elezioni presidenziali. Tutto cambia in un attimo. Paul Allen incomincia a trovare prove che possano scagionare suo figlio da un delitto così aberrante. All’inizio pensa con superficialità a suo figlio, non crede di avergli fatto mancare nulla perché:
"Continuavo religiosamente a chiamare Danny tutte le settimane, a partire con lui quando c’era un ponte o una vacanza...quando era in città mi prendevo una pausa dal lavoro. Andavamo al parco, al circo."
Tutto si sfalda, però. Paul non è così convinto che quelle poche volte fossero sufficienti per dire che conosceva suo figlio e che forse amava più i due gemelli nati dal secondo matrimonio. Non approvava che Danny avesse lasciato il college per girare per l’America in macchina.
La famiglia è costretta ad abbandonare New York: difficile dire durante le conferenze di essere il padre di Daniel Allen, quello che ha ucciso il senatore.
Nella testa di Paul, tutto si complica, sta su internet ore per vedere gli altri casi simili al suo, da Robert Kennedy all’attentato a Reagan. Soffre di insonnia, vuole assolutamente scagionare il figlio, forse non è stato un vero padre, ma la sua figura e raccontata con una finezza psicologica che non si vedeva da tempo nei romanzi americani.
Ad un certo punto il libro diventa “Delitto e Castigo” americano.
La cosa che porta verso un disastroso finale è che Danny si dichiara colpevole di fronte alla corte. Qui il romanzo diventa una sorta di girone dantesco. Ci sono i diari del ragazzo, ci sono le abitudini nuove della famiglia, c’è la consapevolezza che fra sei mesi al figlio inietteranno delle sostanze chimiche per farlo morire.
Paul Allen dice la verità a se stesso ovvero:
"La verità è che un ragazzo di quindici anni con cui trascorri meno di un mese all’anno non è tuo figlio... quello che rimane è una sinergia, è l’aspettativa di un legame familiare in assenza di un legame vero e proprio".
La cosa più difficile è andare nel carcere di massima sicurezza per vederlo quindici minuti, a volte portando anche i fratellastri e Fran.
Danny sembra tranquillo ma noi nel frattempo abbiamo già letto il suo diario e sappiamo come si era procurato l’arma. Ecco le armi, che in America si vendono come gelati: facile comprarle, facile poterle usare in una qualsiasi occasione.
In America poi, con la pena di morte, in alcuni Stati, non sei quello che ha sparato, tu sei la pallottola. Nei diari scopriamo questa natura intima di Daniel che non si può cambiare. Le ragioni di un assassino non sono ragionevoli. A fine libro Paul ammette ormai candidamente:
"Ero stato un padre pessimo, egoista, negligente. Avevo sacrificato mio figlio per la mia carriera, lo avevo abbandonato per trasferirmi dall’altra parte del paese".
Ellen, la madre, che ha solo quarantotto anni, ma ne dimostra sessanta, è completamente usurata e accusa l’ex marito di non aver mai capito le ragioni del figlio. Il modo in cui l’autore descrive l’amore per le armi per gli americani è magistrale, andrebbe letto nei licei.
Pubblicato da Mondadori nel 2013, “Un bravo padre” è un bel romanzo, scritto benissimo, con una traduzione impeccabile.
Se cercate il motivo di tanta violenza gratuita in America, troverete la risposta qui, in questo magnifico libro di Noah Hawley.
Un bravo padre
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un bravo padre
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