Uomini di poca fede
- Autore: Nickolas Butler
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2020
Ho ascoltato la voce di Nickolas Butler, ospite della trasmissione di Rai 3 Fahreneit, a proposito del suo romanzo appena pubblicato in italiano da Marsilio, Uomini di poca fede, nella traduzione di Fabio Cremonesi: quello che ho ascoltato è uno scrittore che vive nel Midwest, gli Stati Uniti rurali, capace di esprimere le proprie idee sulla scrittura, sulla vocazione a scrivere romanzi, sull’importanza di una storia da raccontare, sulla capacità di far appassionare i lettori ai caratteri dei personaggi con un linguaggio diretto, semplice, incisivo, privo di sottintesi, allusioni e rimandi.
Uomini di poca fede mi ha conquistato proprio per la capacità di andare a raccontare una storia prendendo spunto da un fatto di cronaca che ha colpito l’autore: la morte di una ragazzina di appena undici anni, non portata dai genitori in ospedale, convinti di poterla curare con la preghiera. Butler ambienta il romanzo nel Wisconsin, dove vivono Lyle e Peg, una coppia di coniugi vicini ai settanta: la loro figlia adottiva Shiloh, dopo aver vissuto una vita bohémien in rotta con i genitori, ora è tornata a vivere con loro, insieme al figlio Isaac, di appena cinque anni, che si lega ai nonni grazie ai quali scopre la normalità degli affetti familiari. Per Lyle la presenza del bambino è una gioia assoluta, che condivide con l’amico di una vita, Hoot, con il pastore della chiesa protestante di Saint Olaf, Charlie, e con una coppia di amici proprietari di un frutteto che produce mele, presso il quale Lyle lavora.
In questa piccola e coesa comunità, Shiloh porta lo scompiglio: è legata ad una strana chiesa, più una setta, dominata dalla figura di una sorta di pastore giovane e carismatico, Steven, del quale Shiloh si è innamorata. La chiesa ha sede in uno scalcagnato vecchio cinema e i fedeli siedono sulle vetuste poltroncine ad ascoltare come un oracolo i sermoni del vigoroso pastore. Shiloh invita i genitori a partecipare a quelle insolite cerimonie, e Lyle immediatamente nutre una profonda diffidenza per l’uomo che dice di voler sposare sua figlia, impossessandosi del piccolo Isaac. Lo crede infatti un guaritore, capace di imporre le mani sui malati e di procurarne la guarigione con le preghiere. Purtroppo Isaac è malato di diabete, anche se la madre non vuole accettarlo, anzi ritiene che il bambino si sia ammalato per la nefasta influenza del nonno.
La storia procede sempre più drammatica, e si avvia verso una altrettanto drammatica conclusione. Butler sembra muoversi in questa delicata deriva religiosa: credere in Dio e non nella scienza, affidarsi a Dio e non alla medicina, credere nelle forze demoniache, seguire le idee più reazionarie in materia di evoluzione. Lo fa con sensibilità, senza pronunciare giudizi di condanna, anche se questi sono sottintesi nell’evolversi della narrazione. Il tormento dei nonni, le difficoltà del pastore Charlie, la follia religiosa e amorosa di Shiloh, la profonda disonestà morale del sedicente pastore Steven sono al centro del romanzo, che rivaluta, se ce ne fosse bisogno, il ruolo fondamentale dei nonni: anche se la storia si svolge in un luogo remoto dell’America profonda, Butler ci dimostra come i sentimenti d’amore, di amicizia, di dedizione, di solidarietà siano radicati ovunque sul nostro pianeta, non importa dove ci è capitato di nascere.
La coltivazione delle mele, la voglia di salvare dalla tempesta l’intero frutteto a costo della salute, che Lyle tenta coraggiosamente in una notte di bufera, sembra la metafora di questa storia piena di umanità e di ricchezza spirituale. L’appropriarsi di simboli e tradizioni religiose da parte di uomini disonesti, per strumentalizzarli ai loro poco onorevoli fini, usando anche ragazzini innocenti, è di un’attualità sconvolgente. Spesso gli scrittori bravi sono veri profeti.
Uomini di poca fede
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