Uscita per l’inferno
- Autore: Stephen King
L’altra notte la pioggia bussava alla mia finestra/
mi sono affacciato dalla camera al buio/
e nella luce del lampione mi è parso di vedere/
giù nella strada/
lo spirito del secolo, venuto a dirci che siamo al confine.
Questi versi di Al Stewart, inseriti dall’autore all’inizio della prima parte del romanzo, testimoniano senza troppi giri di parole il clima apocalittico a cui il lettore andrà incontro non appena i suoi piedi entreranno nel mondo completamente distrutto di George Dawes, un uomo consapevole di aver perso tutto, famiglia, casa e lavoro, che decide di superare ogni confine, rendendo la sua vita una violenta discesa per l’inferno.
Forse non sarà il romanzo più riuscito di King ma sicuramente è quello più attuale, perché se da un lato è privo di elementi soprannaturali che hanno reso King il Re del brivido, dall’altro racconta di una vicenda che è molto più di una semplice costruzione artificiosa.
George perde il figlio Fred a causa di un tumore cerebrale e, proprio quando sta per riprendersi, perde moglie, casa e lavoro a causa di un esproprio, indetto dall’amministrazione, che riguarda proprio il tratto di strada in cui sorge la sua abitazione e la lavanderia in cui è operaio. In quel momento dentro di lui qualcosa scatta e quel qualcosa non gli permetterà più di tornare indietro. Allontana la moglie, taglia qualsiasi tipo di rapporto e si butta in un tunnel di frequentazioni malavitose ed incontri poco raccomandabili fino a quando decide di acquistare armi e munizioni per mettere in pratica il suo terribile piano. In questa atmosfera delirante l’unica presenza che lo accompagna assiduamente, assecondandolo in tutte le scelte, è la voce di Fred, il figlio morto. L’uomo ha così sviluppato un alterego che lo porta a rinchiudersi in se stesso e gli permette di salvare almeno quello che resta della sua famiglia. Egli si comporta come un condannato a morte perché, anche se potrebbe salvare la sua vita cercando soluzioni diverse, senza per questo sacrificare anche il rapporto con la moglie, non vuole aspettare, l’alienazione prende il sopravvento e l’unica cosa verso cui prova interesse è mostrare al mondo intero la sua disperazione. La disperazione di un uomo normale, con una vita normale, a cui da un giorno all’altro viene strappata la sacralità della propria casa e del proprio lavoro, in nome di una logica di profitto che avanza senza tenere conto della dimensione esistenziale dell’individuo. Qui si legge anche una dura critica da parte dell’autore nei confronti della politica americana e della sua crisi, nella quale solo il dolore prende il sopravvento, diventando insopportabile, fino a trasformarsi in qualcosa di diverso, una forza nera che riconosce solo un unico e tragico finale. Il ritmo del romanzo è scorrevole, i capitoli sono brevi e corredati da una data a testimonianza che lo scandire del tempo troneggia indiscusso sulla discesa infernale dell’uomo. Una fine scelta dal protagonista che si macchierà di omicidi, atti vandalici e attentati, tutti in nome della riconquista della propria dignità umana che culmina il 20 gennaio 1974, quando il governo decide di cacciarlo dalla sua casa.
“Travolti da eserciti confusi di fughe e lotte, dove armati ignoranti si scontrano di notte.”
Ed è così che George scrive egli stesso la parola fine sulla sua guerra personale in un clima d’incubo che terrorizza perché fin troppo vero.
Uscita per l'inferno
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