

Voci e ombre dal Don. Lettere, documenti, memoriali, immagini dell’ARMIR in Russia
- Autore: Pino Scaccia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
La memoria è l’unica arma che ci rimane. La chiama “arma” Pino Scaccia, ma non la intende uno strumento di guerra: la memoria è una risorsa per ricordare chi non c’è più o qualcosa ch’è trascorso, ma che ha lasciato un segno. Voci ed ombre dal Don. Lettere, documenti, memoriali, immagini dell’ARMIR in Russia, pubblicato nel 2017 dalla casa editrice indipendente Tralerighe Libri di Lucca, è un nuovo contributo del giornalista romano sulla tragica campagna militare dell’esercito italiano in Russia, tra l’estate 1941 e l’inverno 1943.
Pino Scaccia è lo pseudonimo di Giuseppe Schiaccianoce, nato a Roma nel 1946 e iscritto all’Ordine dei giornalisti dal febbraio 1974. Quattro dei diciannove volumi firmati dall’ex inviato RAI sui fronti di guerra e nell’Unione Sovietica in disgregazione sono dedicati agli uomini che hanno affrontato quella difficilissima esperienza in armi, aggressori senza volontà di aggredire.
Mentre seguiva il nuovo corso post comunista negli anni ’90, la sua attenzione è stata attratta dalle vicende delle decine di migliaia di militari dell’ARMIR, l’armata italiana, sommariamente meccanizzata e precariamente attrezzata, inviata da Mussolini a invadere la Russia insieme alle divisioni corazzate hitleriane. Scaccia era a Mosca quando sono diventati di dominio pubblico archivi nascosti o addirittura negati per mezzo secolo, dall’impenetrabile apparato burocratico sovietico e dalle polizie segrete.
Ha così scoperto documenti che gli hanno rivelato verità fino ad allora ignorate e ha collaborato con Onorcaduti (il Commissariato della Difesa per le onoranze ai militari italiani morti in guerra) nella riesumazione delle salme dai cimiteri militari e dai luoghi di sepoltura, indicati dalle autorità russe per consentire il rimpatrio dei resti. Ha così assistito al ritrovamento, sulle spoglie composte pietosamente dai nostri cappellani, di lettere e appunti che quei giovani non avevano fatto in tempo a inviare a casa e ha potuto partecipare alla commovente consegna ritardata a mamme, mogli, figli, sorelle e fratelli.
Dagli incontri con le famiglie si è rafforzata in lui la volontà di ricostruire chi c’era dietro quei fragili manoscritti, i soldati che li avevano appuntati e che a distanza di decenni potevano testimoniare ancora la loro esperienza, una prova durissima, in un momento oscuro. Lettere scritte con l’ansia di chi era in linea e sapeva che avrebbe potuto non farcela o anche di chi soffriva condizioni estreme di prigionia e sapeva che farcela sarebbe stato difficile.
Non sorprende l’accanimento col quale Pino si è impegnato nelle ricerche. Chi ha vissuto i decenni successivi alla seconda guerra mondiale ricorderà che quasi ogni famiglia soffriva la mancanza di notizie sulla sorte di un disperso in Russia. Una condanna sospesa, terribile. Un conto è piangere un caduto e poi elaborare la perdita, ben altra sofferenza è ignorare la sorte di un proprio caro. Ed era una pena che coinvolgeva tanti, considerati i grandi numeri: 230 mila uomini inviati in terra russa, 90 mila vittime, 70 mila prigionieri, di cui solo 10.032 rientrati dopo il rilascio da parte sovietica.
Scaccia non ha mai smesso di accettare richieste dai familiari, ben sapendo che il risultato massimo sarebbe stato rintracciare la data e luogo di sepoltura, “unica maniera di porre fine alle ombre di un passato sepolto nella neve”.
Da quel desiderio di sapere e di battersi per la memoria è nato l’impegno di ascoltare, riferire, ritrovare tante storie, “un viaggio intorno a chi non è tornato, ma anche a chi ce l’ha fatta, stordito per sempre da quell’avventura giovanile”. Non ha la presunzione di chiarire episodi oscuri, è motivato dall’orgoglio “di non abbandonare la magia dei ricordi”.
Sono eventi che distano più di 75 anni, ma le richieste non si sono interrotte: è segno che la memoria non è un sentimento labile, che ricordare significa rinnovare il legame profondo con chi è scomparso giovane.
Un ricordo lo hanno lasciato anche nei russi i soldati italiani tanto poco marziali, sempre pronti a sorridere. I ragazzini li circondavano senza paura per ricevere un pezzo di pane. Le donne li guardavano con curiosità (“erano belli”) e quando necessario li hanno nascosti e protetti. Se pure erano arrivati come nemici, non ne avevano mantenuto l’atteggiamento. “Italiani brava gente” non l’abbiamo inventato noi, è così che ci chiamavano i russi, ha scritto Silvio Bertoldi, grande giornalista. Nei confronti della popolazione la guerra dei nostri soldati è stata “onesta”, per questo nella tragedia della ritirata non venivano colpiti alle spalle e tanta gente comune si sforzava di aiutare quei ragazzi vinti, devastati dal gelo.
In una lettera alla mamma, un soldato si lamentava nel Natale del 1942 del regalo che gli aveva fatto il Bambinello: bombe a mano e munizioni, quando avrebbe gradito altro che strumenti per uccidere.
Il lavoro di Scaccia interpreta al meglio il progetto di una casa editrice come quella lucchese: insistere sulla memoria per ravvivare la ricerca, la storia è l’insieme di mattoni che formano l’edificio del nostro Paese e i libri sono pietre angolari.

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