Wolf
- Autore: Lavie Tidhar
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Frassinelli
- Anno di pubblicazione: 2016
Un capolavoro contorto (The Guardian): è così che hanno efficacemente definito l’ultimo prodotto di Lavie Tidhar, “Wolf”, uscito in Italia a gennaio 2016, da Frassinelli (pp. 302, euro 20,00) . Non c’è in effetti un romanzo di fantascienza che gli somigli, non un giallo analogo e non c’è letteratura sull’Olocausto che tenga il passo di questo lavoro dello scrittore quarantenne, israeliano cresciuto in un kibbutz prima di cominciare a girare il mondo fin da adolescente. È assimilabile, al più, ai fanta-thriller e si potrebbe etichettare come un fanta-pulp. Insomma, è unico, un mondo a sé, una storia alternativa, come gli anglosassoni definiscono sobriamente quello che sarebbe potuto accadere se un certo evento storico avesse avuto conseguenze diverse da quelle effettivamente verificate. Noi latini la chiamiamo realtà “ucronica”, dal composto greco “non cronos”, “nessun tempo”. Così è, se si pensa che il protagonista, il detective Wolf, si rivela molto presto un tipetto arcinoto, anche ai più distratti, ma la cui vicenda narrativa si sviluppa molto diversamente da quella storica che invece conosciamo benissimo.
È il 1 novembre 1939. Una volta aveva un futuro diverso e un paio di baffetti ridicoli, ora il destino è del tutto cambiato e i peli sulle labbra li ha tagliati. Possiede un solo cappotto, quello consumato che indossa e il suo ufficio è vuoto come il suo conto. Vive a Londra, ma non è inglese. Come tanti ha trovato riparo oltremanica dopo la “Caduta”, la conquista comunista del potere a Berlino. In un battito di ciglia, dalle poltrone alla fuga: niente più raduni, nemmeno a Norimberga. La polizia politica aveva arrestato le camicie brune e il nazionalsocialismo era morto. Tutta colpa degli ebrei.
Testo intrigante, carico di suggestioni, con forti connotati di erotismo esplicito e qualche scivolata in situazioni splatter, che insieme attraggono e allo stesso tempo respingono chi legge.
A proposito di ebrei, quasi metà del racconto si sposta su Shomer, un israelita internato in un campo di sterminio. Prima, viveva inventando storie shund, romanzacci pulp per ragazzi. Ora, per evadere dall’orrore e dalla morte, sogna un’altra realtà in cui il fuhrer è stato sconfitto e vivacchia in Inghilterra passando da una disavventura all’altra, aggravate dai suoi difetti e tic caratteriali.
Oltre al racconto di Shomer, il romanzo segue il punto di vista di un
“osservatore nel buio”
che uccide prostitute a Londra, incidendo svastiche sul corpo scempiato, non per lussuria ma
“per un fatto ideologico”
(non si considera un mostro, non vuole fare del male, crede di “liberarle”). Ci sono poi gli accadimenti che riguardano direttamente Wolf. Pur non essendo tenero con le donne - i suoi rapporti sono turbati, come lui del resto - non fa che ricordare la nipotina Geli, suicida per colpa sua e la dolce Eva, morbida come un paio di pantofole. Ora di bellezze ne ha un’altra davanti, Isabella Rubinstein. Gli servirebbero eccome i soldi che offre per ritrovare la sorella minore, scomparsa da tre settimane, mentre stava per espatriare in Albione. Però lui odia gli ebrei e non si metterà mai sulle tracce di quella Judith, la figlia di uno squalo della finanza israelita. Se la cerchino loro, se ne sono capaci, quegli arraffasoldi che prosperano sulla guerra!
La bella donna si allontana e Wolf raccoglie il rotolo di scellini lasciato sul tavolino. Ha accettato l’incarico. C’è l’affitto da pagare.
Ci sono offerte che non si possono respingere, perché comportano un lavoro ben pagato ed altre che semplicemente non si possono rifiutare, come quella di Oswald Mosley, il capo del Partito Fascista Britannico, in predicato di sostituire il primo ministro a Downing Street. Qualcuno lo minaccia e il detective deve lavorare per lui, gli piaccia o meno.
La vicenda di “Wolf” è piena di personaggi storici dell’epoca, in situazioni eccentriche rispetto alle reali. In tanti incrociano l’ex capo nazista in esilio: la regista Leni Riefenstahl, Ian Fleming, il papà di James Bond. I gerarchi nazisti sono spariti o se la sono squagliata o hanno cambiato attività: Hess fa il delinquente, Goering traffica in esseri umani. Quanto a Wolf, un Servizio Segreto americano lo vorrebbe rimettere alla testa della controffensiva antisovietica in Europa, le sue donne non perdono occasione di dominarlo sadomasochisticamente – quanto gli piace! – e papà Rubinstein lo sottopone a una cruenta circoncisione, così impara a fare l’antisemita!
Per non dire dell’uomo nel buio, che lascia accanto alle ragazze massacrate un tamburino di stagno. Tempi duri per il “povero” Adolf: quando non era ancora in disgrazia, lo chiamavano “il tamburino”, per come faceva marciare la Germania intera al ritmo che voleva.
Wolf
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