World War Z di Max Brooks

Alla fine sono arrivati. Potete chiamarla in mille modi, la Crisi, gli Anni Bui, la Peste Ambulante o, semplicemente, quello che è, la Guerra Mondiale degli Zombi. Dai primi casi riconosciuti, e chiamati erroneamente “rabbia africana”, in un paesino sperduto e senza nome della Cina sono passati dodici anni, anni durante i quali la piaga ha attraversato tutto il pianeta. Esseri mostruosi hanno contagiato e fagocitato tutto il mondo, lasciandosi alle spalle solo morte e distruzione, alla perenne ricerca dei sopravvissuti di cui cibarsi. Si dice che la piaga si sarebbe potuta contenere, arginare, se le grandi potenze internazionali non avessero ignorato i vari segnali ed avvertimenti che continuavano ad arrivare sulle loro scrivanie negli anni immediatamente precedenti al Grande Panico, si dice che qualcuno abbia delle Responsabilità nella diffusione totale del disastro e che sulla sua coscienza gravino milioni di vite annientate dal virus.

“Quale uomo sano di mente avrebbe potuto essere pronto per questo?”

Max Brooks, nel suo post-apocalittico “World War Z” (Cooper, 2007), recentemente portato sul grande schermo da Brad Pitt e Marc Forster, conduce un’inchiesta approfondita sulle fasi della guerra contro gli zombi e la sua recente risoluzione intervistando i protagonisti della scena politica e militare mondiale, direttamente o meno coinvolti nella vicenda, viaggiando in tutto il globo, o ciò che ne è rimasto, per raggiungerli e farsi raccontare cosa hanno visto, cosa è accaduto, dal momento che la piaga si è affacciata sulle loro vite. La moltitudine di voci diverse che animano e compongono questo libro ci dipingono l’insieme di sfumature che compongono la realtà della guerra, dalla sofferenza, dalla solitudine alla speranza, al coraggio. Può anche darsi che tutto ciò che viene descritto in “World War Z” sia frutto della fantasia e creatività di uno scrittore, ma fra quelle pagine prendono vita i sentimenti che agitano le nostre menti ogniqualvolta si riflette sulla guerra.