Zombi Blues di Stanley Péan

Una trama travolgente di sangue e terrore, di musica e sesso, ammaliante come Zombi Blues, la stupenda canzone jazz al quale l’autore si è ispirato e che con le melodie del piano, dei fiati, la lettura invita ad ascoltare:

"Un motivo lancinante composto di piccoli fraseggi sconnessi, ripetuti instancabilmente dalla sezione ritmica, in cui gli ottoni intervengono solo per lacerare la parvenza di melodia".

Stanley Péan, nato ad Haiti e cresciuto in Canada, dove vive, è un giorna­lista, traduttore, scrittore e appassionato di musica jazz; ha pubblicato numerosi racconti e romanzi. Zombi Blues (Marco Tropea Editore, 2010, trad. E. Borgese) è un romanzo crudo, a tratti violento, nel quale l’autore richiama la storia politica e culturale e dell’isola dove è nato, con riferimento alla dittatura di Papa Doc, ai massacri del regime, alle lotte intestine e ai rituali vudù degli haitiani. Un noir particolare, tinto anche di rosso, con personaggi misteriosi e ambigui, la musica blues e jazz che sapranno raccontare le due anime dello scrittore, una pluralità che caratterizza la sua identità e che lo porta essere considerato una delle voci più affermate della scena letteraria contemporanea.

Il protagonista è Gabriel D’Arque Angel, un noto musicista nero, originario di Haiti e adottato da piccolo da una coppia canadese. A Port-au-Prince, una città che aveva imparato "a distogliere lo sguardo dai suoi drammi", durante la rivolta popolare per la fine della dittatura di Jean-Claude Duvalier, una donna di colore mise nella braccia di Corinne Reynolds, moglie di un diplomatico canadese, il suo bambino perché lo mettesse in salvo. È così che si è formato, in una casa accogliente e benestante, all’ombra della musica di Chet Baker, Gershwin, Miles Davis.
Gabriel, di rientro dai tour mondiali, è a Montreal con il suo quintetto per il consueto Festival del Jazz che si svolge a fine giugno: dieci giorni di musica e allegria tra le strade e nei locali della città. Quando si esibisce sul palcoscenico, pur tra i fumi dell’alcool che lo devastano, punta il suo strumento, la tromba, verso il soffitto in assoli elettrizzanti da sembrare in trance.

“Nella sua mente si agitano immagini e suoni che non sa comprendere. Artigli, sangue, carni straziate, gridi d’animali sventrati. Con le labbra contratte sull’imboccatura, tenta di tradurre quelle visioni in musica.”

Da pochi giorni il padre adottivo è morto e Gabriel desidera rivedere Laura. L’odore della sorellastra lo conosce bene da quando erano piccoli: tra malinconia, desiderio illecito e mancanza, è sempre stata la prova della sua vita. Loro due hanno sempre avuto una forte attrazione, un amore passionale e morboso.

“Fin dall’infanzia, soffre di uno strano male, una freddezza costante che lo divora dall’interno, come se gli avessero strappato un pezzo di anima.”

Ma a Montreal è arrivato anche, ottenendo asilo, Barthélémy Minville, detto Barracuda, ex braccio destro di Duvalier, creando disordini tra gli espatriati haitiani. In una lussuosa dimora fuori città è in compagnia dell’albino Caliban, un nero dalla pelle bianca, pronto a uccidere a ogni suo cenno, con sulle spalle omicidi di giornalisti, militanti comunisti e altri dissidenti; e del suo segretario personale, obbligato dalla paura a dire solo sì. Minville aveva dimostrato di essere un maestro nell’arte di far sparire le tracce dei suoi crimini, e il suo arrivo in città farà ricordare alla comunità haitiana ciò che avrebbero voluto dimenticare scappando via per una vita migliore, le torture e i soprusi.
Ma cosa legherà il musicista Gabriel al temuto Barracuda? La trama a questo punto si intreccerà tra una serie di violenze, omicidi, e una storia d’amore proibita: al lettore scoprire il finale. Nel frattempo la musica saprà affascinare con le sue note libere nell’aria, che racconteranno di anime morte che condannano uomini colpevoli di schiavi, di terrore, di rituali e ingiustizie, e di cuori che non hanno saputo sopportare la perdita di un amore.