L’arte è per tutti.
- Autore: Keith Haring
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2010
Dopo una breve biografia stilata da Christina Clausen - curatrice del volume insieme a Julia Gruen e regista del documentario The Universe of Keith Haring, insieme al quale il libro è venduto - nella prima parte del saggio “L’arte è per tutti. Keith Haring” l’artista racconta in prima persona episodi della sua vita; nella seconda parte, invece, sono raccolte le testimonianze dei membri della sua famiglia e di noti artisti che lo hanno conosciuto e frequentato, tra i quali Roy Lichtenstein, Madonna e Yoko Ono. Tutti sottolineano la sua grande capacità comunicativa e la straordinaria generosità.
Keith Haring è nato il 4 maggio in Pennsylvania e ha iniziato a disegnare da bambino, sviluppando la sua passione grazie al padre, fumettista. Dopo aver frequentato la Ivy School of Professional Arts di Pittsburgh, nel 1978 si sposta a New York dove si butta a capofitto nel vortice della città e frequenta soprattutto i locali gay o i ritrovi degli artisti, stringendo amicizia con i più grandi pittori e musicisti della scena newyorkese, conoscendo e frequentando anche Jean-Michel Basquiat e Andy Warhol. Muore giovanissimo, dopo aver contratto l’Aids, a trentuno anni, il 16 febbraio 1990.
Keith Haring è particolarmente affascinato dalla cultura popolare che lo circonda e ammira, ricambiato, molti artisti. Siamo ancora negli anni Ottanta e i graffiti per strada non sono ancora riconosciuti come arte, sono realizzati quasi esclusivamente da gente di colore e, infatti, per apprezzarli da vicino, Haring si spinge nei quartieri ghetto di Alphabet City con il suo amico Fred Brathwait, la cui firma sui graffiti corrisponde a aka Fab 5 Freddy. Haring è un artista e, soprattutto, una persona molto originale. Dipinge all’aria aperta, negli spazi della metropolitana, e lo fa gratuitamente, per il piacere di regalare qualcosa di sé agli altri. Questa enorme generosità ha fatto sì che si sia circondato di tanti amici e che abbia pensato, quando si è accorto di avere l’Aids, che ogni momento della vita dovesse essere vissuto fino in fondo, continuando, fino a quindici giorni prima della morte, a dipingere.
Nel mondo ci sono tanti Murales da lui realizzati, e, in particolare, uno è a Pisa, come ricorda Julia Gruen, direttrice esecutiva della Fondazione da lui creata nel 1989 e il cui scopo è quello di promuovere le organizzazioni che si occupano di Aids e di programmi per l’infanzia, e di diffondere il lavoro di Haring:
“L’estate prima che morisse fu invitato in Italia a dipingere un murales sulla facciata esterna di una chiesa, a Pisa, uno degli eventi più importanti di quel periodo. Per Keith fu un onore straordinario, ma era piuttosto ironico il fatto che gli avessero chiesto di dipingere sulla facciata di una chiesa. Keith veniva da una famiglia protestante, e quando era bambino andava in chiesa la domenica con la sua famiglia. Ma crescendo si era reso conto di essere omosessuale, e quindi sapeva che il sistema della Chiesa lo condannava. A quel tempo, nel 1989, Keith era membro attivo delle associazioni gay, faceva marce di protesta, condannava il vescovo di New York, che era assolutamente contrario ai comportamenti omosessuali e che ometteva di parlare del problema dell’Aids. Quindi Keith avvertiva una sorta di contraddizione, ma la considerava una grande opportunità. Si sentiva onorato: creare questo murales era un altro modo per lasciare una traccia di immortalità. Inoltre la tradizione dell’arte a Pisa, e in tutta l’area italiana, era davvero eccitante per lui, sentiva che questa era l’occasione per lasciare nuovamente il segno, in scala maggiore. Anni dopo la sua realizzazione, ancora oggi la città di Pisa ha conservato l’opera”.
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