Raccontano che in punto di morte Oscar Wilde, esteta e artista visionario, si fosse attardato a osservare la carta da parati che ricopriva le pareti dello squallido albergo parigino dove alloggiava e avesse mormorato: "Certo, uno dei due deve andarsene..." L’estetica è superiore all’etica, affermava uno dei suoi più celebri detti, e lui lo sostenne sino all’ultimo istante.
Alla fine fu proprio lui a perire, il 30 novembre del 1900 all’età di soli 46 anni.
Trascorse il suo ultimo giorno in un silenzio muto e dolente, stringendo la mano del suo amante Ross. Il suo ultimo desiderio fu di essere battezzato secondo i dettami della fede cattolica.
Morì così, povero e sprovveduto, in un albergo di infima categoria, l’artista dandy della fin de siècle. Il mito Oscar Wilde sarebbe esploso solo dopo la sua morte, portandogli una fama postuma che non aveva conosciuto in vita quando su di lui pendeva la damnatio memoriae di autore immorale.
Wilde visse i suoi ultimi anni all’insegna dello scandalo, incarcerato e condannato per la sua omossessualità e, in seguito, costretto a passare i suoi ultimi anni lontano dall’Inghilterra.
Le cause della morte di Oscar Wilde
Secondo studi recenti, sarebbe stata una grave forma di otite, in particolar modo una complicazione intracranica di un’otite media suppurativa a ucciderlo e non la sifilide, come tramanda la leggenda. Giustizia è stata fatta, così anche l’ultima colpa che macchiava il nome di Oscar Wilde è stata lavata. Ora l’autore può riposare in pace, lontano dai pettegolezzi e dalle false dicerie del bel mondo.
Le sue spoglie, nel 1909, furono trasferite al cimitero Pére Lachaise di Parigi, sotto il massiccio monumento scultoreo a forma di sfinge realizzato dall’artista Jacob Epstein.
Sull’effige della lapide situata tra i viali alberati del Pére Lachaise, oggi uno sperduto passante può leggere:
Lacrime sconosciute riempiranno l’urna della Pietà per lui. Avrà i lamenti degli uomini esiliati, per gli esiliati esiste solo il pianto.
Un omaggio doloroso e struggente che rende giustizia a quelli che furono gli ultimi anni dello scrittore, vissuti da esiliato, da emarginato, trattato come una piaga sociale. I versi dell’epigrafe in realtà provengono dalla Ballata del carcere di Reading, scritta dallo stesso Wilde per un condannato a morte con cui aveva stretto amicizia durante la prigionia.
Fu proprio nella spoglia cella del carcere di Reading che Oscar Wilde compose le sue pagine più belle. Una lunga lettera che tocca tutti i temi fondamentali dell’esistenza, oggi considerata il suo testamento, ilDe Profundis.
Oscar Wilde e il De Profundis
Il testo del De Profundis è oggi ritenuto l’ultimo testamento di Oscar Wilde. Si tratta di una lunga lettera indirizzata ad Alfred Douglas, detto "Bosie", scritta dall’autore durante l’ultima fase della detenzione nel carcere di Reading (gennaio-febbraio 1897).
Il De Profundis viene considerato all’unanimità l’opera più splendida, sincera e toccante di Oscar Wilde. La lettera tuttavia non fu mai letta dal suo destinatario ideale, l’amato Bosie, giovane aristocratico e narciso di cui Wilde si era perdutamente invaghito.
Proprio a causa della relazione, considerata scandalosa, con Lord Alfred Douglas, Oscar Wilde stava scontando una pena di due anni ai lavori forzati per il reato di sodomia. A condannarlo era stato proprio il padre di Bosie, Lord Douglas, che aveva indetto il processo trascinando lo scrittore in tribunale.
Wilde scrisse la lunga epistola in carcere, nei primi mesi del 1897, afflitto dall’amarezza e dai rimpianti.
Con il pretesto di scrivere all’amante perduto, l’autore iniziò così una sorta di soliloquio che lo condusse a rivedere a ritroso tutta la propria vita.
Caro Bosie, dopo lunga e sterile attesa ho deciso di scriverti io, per il tuo bene come per il mio, poiché non vorrei proprio ammettere d’essere passato attraverso due lunghi anni di prigionia senza mai ricevere un solo rigo da te, una qualsiasi notizia, un semplice messaggio, tranne quelli che m’arrecarono dolore.
Sono le parole scritte da un uomo deluso, tradito da colui che considerava un compagno di vita, eppure, alla fine sono anche una lettera d’amore. Perché malgrado la passione per Bosie l’avesse fatto precipitare in un baratro abissale, lo scrittore non cessa di riflettere su quell’amore totale che lo acceca.
Recensione del libro
De profundis
di Oscar Wilde
Nel corso delle pagine l’autore passa in rassegna i fatti salienti della propria vita, compresa l’amicizia con Bosie e in seguito l’amore tormentato, segnato da continui litigi, esplosioni di collera e ripensamenti.
La lettera per vari motivi non fu mai consegnata al destinatario. Nonostante le accuse espresse con frasi infuocate, lo scrittore non riesce a dimenticare l’amato. Terminata la prigionia Oscar Wilde e Lord Douglas si rincontrarono, come se nulla fosse accaduto.
Ma presto le famiglie di entrambi minacciarono di diseredarli se avessero continuato quell’infamante frequentazione, così i due furono costretti a dirsi addio per sempre.
L’ultimo testamento di Oscar Wilde
Il De Profundis si conclude con un consiglio all’amato Bosie. Wilde lo sprona ad andare avanti e a non pensare più al passato. Lo perdona e si perdona, forse augurandosi di poter fare lo stesso: dimenticare e proseguire oltre, senza rimpianti. Ma sappiamo che non sarà così, quello scandalo fu un marchio di infamia per la reputazione pubblica di Oscar Wilde e nel giro di un paio d’anni condusse lo scrittore alla rovina.
In quella lunga lettera scritta nella buia cella di un carcere - senza saperlo - Oscar Wilde aveva custodito le sue ragioni e i suoi torti, i ricordi e i rimpianti, l’intera essenza della propria vita. Oggi il De Profundis ci appare come il lascito testamentario di Wilde, la testimonianza più completa e autentica del pensiero dello scrittore. Un’opera indirizzata in realtà a se stesso, una lettera di assoluzione per una colpa non commessa.
In seguito Oscar Wilde decise di affidare il manoscritto al fedele amico Robert Ross, che gli tenne la mano negli ultimi istanti della sua vita. Il testo del De Profundis venne pubblicato per la prima volta nel 1905, ovvero cinque anni dopo la morte dell’autore.
Il manoscritto originale della lettera è tuttora conservato al British Museum di Londra.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il De Profundis, l’ultimo testamento di Oscar Wilde
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