Il grande addio. Chinatown e gli ultimi anni di Hollywood
- Autore: Sam Wasson
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Immaginate un giacimento aureo, uno dei più fruttiferi che la storia conosca, uno di quelli a ridosso dei fiumi di Klondike ai tempi della corsa all’oro, per esempio. Pensate ora a un libro aureo così, di questa specie. Un giacimento di pepite dorate che nel caso di Il grande addio. Chinatown e gli ultimi anni di Hollywood (Jimenez, 2021, traduzione di Gianluca Testani) sono pagine e pagine di informazioni su Chinatown, Nicholson, Polanski e il tanto di storie belle e brutte della Mecca del cinema negli anni Settanta. Immaginate quindi un libro di cinema che non sia il solito saggio, piuttosto un romanzo. Immaginate che a firmarlo sia Sam Wasson, uno scrittore benedetto dal cielo degli scrittori, che il cinema e la città di Los Angeles li mastica e rimastica come un cammello la sua sbobba preferita.
Se avete immaginato tutto questo, adesso siete pronti ad avvicinarvi a senso e natura del Grande addio: stessa mole biblica e stesso Verbo rivelato. Del cinema, nella fattispecie. So che può sembrare pigro riportare il passaggio che funge da "richiamo" sulla quarta di copertina, ma quelle che seguono sono frasi che introducono a Il grande addio come meglio non si potrebbe, rendendo alla perfezione l’idea della musicalità narrativa di Sam Wasson. Giuro che il libro l’ho letto da cima a fondo e che le pagine da cui ho tratto la citazione sono la 16 e 17 del capitolo introduttivo.
“Quando questi quattro ragazzi (si riferisce a Jack Nicholson, Robert Evans, Robert Towne e Roman Polanski, ndr) diventarono adulti fecero insieme un film intitolato Chinatown. Robert Towne disse una volta che Chinatown è uno stato mentale. Non solo un luogo sulla mappa di Los Angeles, ma una condizione di totale consapevolezza quasi indistinguibile dalla cecità. Sognare di essere in paradiso e svegliarsi al buio: questo è Chinatown. Pensi di avere capito tutto e realizzi che sei morto: questo è Chinatown. Questo è un libro sui vari Chinatown: quello di Roman Polanski, quello di Robert Towne, quello di Robert Evans, quello di Jack Nicholson, ciò che hanno fatto e ciò che hanno ereditato, la loro colpa e la loro innocenza, cosa hanno fatto bene, cosa hanno fatto male, e cosa non potevano far nulla per fermare”.
Attorno a tutto questo, come si diceva, orbita ne Il grande addio una Hollywood caleidoscopica di luci e ombre, tic, vizi e virtù, bon vivant e ribelliste. C’è l’aura che ti immagini tipica degli Studios e ci sono i party in piscina, altrettanto tipici. Ci sono, molto prossimi, Rosemary’s baby e Easy Rider, la bella Sharon Tate nei suoi ultimi giorni e Cielo Drive, un sacco di altra buona roba: parole e situazioni ottime per farci un film.
Sam Wasson inquadra alternando campi lunghi e strettissimi: i contesti e i "fantastici quattro" che tra sceneggiatura (Oscar), produzione, regia e interpretazione, regalano al cinema uno dei noir più insoliti e autoriali della sua storia. Del resto Chinatown è un luogo dell’anima: o stai al suo gioco e lo capisci, o ti ci perdi, in Chinatown. Il grande addio ne declina i retroscena, molti di prima mano, e lo fa con passo e taglio a dir poco avvincenti, al punto che gli "attacchi" dei capitoli di questo libro dovrebbero indicarsi come propedeutici nei corsi di scrittura.
Il grande addio. Chinatown e gli ultimi anni di Hollywood
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