La guerra civile americana
- Autore: Reid Mitchell
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2016
Tutto o quasi e in breve sulla guerra che tra il 1861 e il 1865 insanguinò l’America settentrionale: il feroce conflitto tra gli stati unionisti del Nord e la Confederazione secessionista del Sud. Un volume agilissimo, molto utile per quanti vogliano comprendere l’essenziale o accostarsi “al volo” a quelle importanti vicende, prima di approfondirle su testi più complessi. Il libro è “La guerra civile americana”, pubblicato da il Mulino, nella collana tascabile Storica paperbacks, per la serie Arte della guerra, in nuova edizione nel 2016 (174 pagine 12 euro), dopo la prima nel 2003. Solo nel 2001, infatti, è uscito negli USA questo lavoro del prof. Reid Mitchell, docente dell’Università del Maryland e autore di diversi testi sulla condizione dei soldati nei quasi cinquanta mesi di scontri fratricidi.
Il Maryland è uno stato del Nord America (confina con Virginia e Washington tra gli altri) nel quale quella guerra ha particolarmente lasciato il segno, con quattro battaglie, una delle quali, quella di Antietam per gli unionisti-nordisti o Sharpsburg per i confederati-sudisti, vide il più alto numero di caduti in un giorno solo, il 17 settembre 1862. Sia pure militarmente non decisiva, nonostante un successo parziale per le truppe dell’Unione, convinse il presidente Lincoln a diffondere il proclama di emancipazione che decretò la liberazione degli schiavi.
Non è possibile tracciare una linea netta di separazione: non tutti i nordisti erano abolizionisti e non tutti i sudisti erano schiavisti. Nel Sud si potevano individuare fazioni favorevoli all’Unione e nel Nord non mancavano simpatizzanti della Confederazione. Qualche forma di industrializzazione avanzata era presente anche negli stati confederati, a prevalente economia tradizionale agricola, come qualche sacca di arretratezza penalizzava anche il fiorente tessuto economico degli stati unionisti, alimentato da stabilimenti industriali e aziende moderne.
Quanto alla secessione, alcuni abolizionisti non nascondevano di approvarla, altri ritenevano che gli stati fratelli “avrebbero potuto andarsene per i fatti loro, se proprio lo volevano”. E tra gli schiavisti non erano pochi gli avversari della svolta secessionista.
Lucidamente, Mitchell dichiara che non è esatto sostenere che la secessione condusse alla guerra, anche se, come si può affermare che senza la schiavitù non ci sarebbe stata la secessione, si può allo stesso tempo sostenere che senza la secessione non ci sarebbe stata la guerra. La decisione del Nord di combatterla non fu inevitabile e a lungo nel Sud si era creduto che l’Unione avrebbe tollerato una Confederazione autonoma. Si confidava nelle buone arti della diplomazia, pur sapendo che l’assegnazione dei territori sarebbe stata difficoltosa e un trattato sugli schiavi fuggiaschi pressoché impossibile.
A far precipitare la situazione fu l’elezione alla Casa Bianca di Abraham Lincoln, per il quale la secessione era priva di qualunque fondamento giuridico. Il successivo cannoneggiamento sudista di Fort Sumter (fortino federale in un isolotto nel porto di Charleston) favorì l’orientamento dell’opinione pubblica in favore del conflitto.
L’accelerazione del dramma si ebbe nella primavera del 1861, quando sette stati proclamarono l’indipendenza: South Carolina, Georgia, Alabama, Florida, Mississippi, Louisiana e Texas. La secessione comportava il progetto di una nuova nazione, gli Stati Confederati d’America.
Gli storici si sono chiesti se Lincoln non abbia manovrato per spingere i confederati a sparare il primo colpo a Fort Sumter. Quesito superfluo: i confederati si erano messi da soli con le spalle al muro, Lincoln si limitò ad approfittarne. Dopo la resa del forte, richiamò 70mila nell’esercito per punire l’insurrezione e questo ispirò la secessione ulteriore di Virginia, North Carolina, Arkansas, Tennessee, destabilizzando Missouri e Maryland.
In tema di guerra di secessione americana, un altro tema trattato dagli storici sono le considerevoli perdite umane. Cifre spaventose: 620mila caduti, quanto il totale degli americani morti in tutte le altre guerre. Inoltre, subirono mutilazioni 275mila combattenti dell’uno e l’altro fronte. Tra i sudisti in età di leva quasi un maschio bianco su cinque perse la vita, mentre il dato relativo ai nordisti, ben 320mila ma pari al solo 6%, resta il più alto mai registrato dagli Stati Uniti in eventi bellici. E va notato che circa due terzi morirono per malattie letali, più che sotto i colpi d’arma da fuoco, sciabola e cannone.
Le conseguenze della vittoria del Nord si possono riassumere in due grandi esiti: il mantenimento dell’Unione e la fine dello schiavismo. Gli Stati Uniti d’America restarono uniti e divennero grandi, sotto tutti gli aspetti, militari, economici, industriali, finanziari…). L’emancipazione civile di 5 milioni di individui affrancati dalla schiavitù generò una rivoluzione sociale di portata rivoluzionaria, ma la guerra non risolse affatto la questione della razza e i conflitti relativi. La cultura della supremazia dei bianchi non è stata eradicata, permane tuttora in alcune sacche del Sud.
La guerra civile americana
Amazon.it: 11,40 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La guerra civile americana
Lascia il tuo commento