Il dittatore è una poesia di Gianni Rodari contenuta nella celebre raccolta Filastrocche in cielo e in terra (Einaudi, 1960).
A un primo sguardo potrebbe apparire una poesia per bambini ma, come del resto la scrittura di Rodari ci ha da tempo insegnato, non è affatto così.
Se letta in questi giorni difficili per l’equilibrio internazionale, Il dittatore appare come un’efficace metafora dei nostri tempi.
Il genio di Gianni Rodari, scrittore e pedagogista, non perde dunque la sua attualità. Oggi come ieri il grande autore per l’infanzia riesce a leggere il nostro tempo con acume intellettuale e una capacità quasi profetica.
Ne Il dittatore possiamo ritrovare un individuo meschino dei tempi andati, ma anche di quelli presenti e, perché no, anche di quelli futuri. Passano gli anni ma la storia si ripete, con tutto il suo carico di eventi, personaggi e situazioni che tornano in un continuo refrain. Il dittatore descritto da Rodari e il suo diabolico grido “Dopo di me verrà la fine del mondo!” è un copione che la storia umana ha già visto. Dietro quel grido che fa tremare tuttavia c’è anche la certezza che il mondo non finisce, che la vita prosegue il suo corso rifiorendo come una nuova primavera e che, come insegna Gianni Rodari, “il mondo ricomincia daccapo” nonostante questi loschi figuri.
Scopriamo testo, analisi e significato della poesia.
Il dittatore di Gianni Rodari: testo
Un punto piccoletto,
superbo e iracondo,
“Dopo di me” gridava
“verrà la fine del mondo!”.Le parole protestarono:
“Ma che grilli ha pel capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo”Tutto solo a mezza pagina
lo piantarono in asso
e il mondo continuò
una riga più in basso.
Il dittatore di Gianni Rodari: analisi e significato
La poesia Il dittatore si configura come una complessa metafora che ritrae il mondo come una pagina, dove le parole sono rappresentazione allegorica le persone, mentre il punto fermo personifica il dittatore.
Rodari utilizza una struttura semplice in tre quartine e il ritmo vivace di una filastrocca per lanciare il suo messaggio, come sempre in bilico tra innocenza (i bambini leggeranno la poesia per comprendere il ruolo del punto) e una sottile ambiguità volutamente ricercata (i lettori adulti colgono la metafora e quindi la condanna, nascosta tra le righe, al totalitarismo).
Con abilità il grande pedagogista intreccia il piano linguistico a quello politico trasformando così una banale filastrocca in un manifesto contro ogni forma di dittatura. Quando scriveva Rodari aveva ancora ben chiaro in mente cosa era stato il fascismo e cosa aveva significato per l’Italia, ma al contempo nutriva nel profondo di sé la consapevolezza, altrettanto solida, che a ogni periodo buio della storia ne succede un altro portatore di rinascita.
Nella filastrocca il poeta condensa molte metafore mostrando che comunicazione e politica sono due realtà tra loro strettamente legate e indissolubili. Il dittatore, non a caso, rappresenta il punto fermo; ovvero il monologo che si scontra con i ripetuti tentativi di dialogo (che potremmo rileggere con una parola molto ripetuta in questi ultimi giorni, ovvero “diplomazia”).
Il punto fermo presentato da Rodari è l’emblema della figura del dittatore chiuso nel perimetro ristretto del suo pensiero delirante e del tutto assorbito dalla propria follia distruttiva. Il punto vuole annullare le parole con una pretesa di supremazia assoluta; ma lo scrittore sa, e lo dimostra, che ciò non è possibile.
L’urlo minaccioso lanciato da quel punto “piccoletto e iracondo” - con gli aggettivi Rodari sottolinea la piccolezza umana del dittatore, un concentrato di rabbia e frustrazione - oggi appare di un’attualità sconcertante, in un momento in cui la minaccia, per bocca del presidente russo Putin, si fa drammaticamente più concreta:
“Dopo di me” gridava
“verrà la fine del mondo!”
Nella chiusa Rodari pone fine al monologo delirante del punto con una frase sferzante: “Non è che un punto a capo” che immediatamente ridimensiona le pretese d’assoluto e di potere del dittatore.
Il mondo continuerà anche senza di lui, osserva il poeta, che del resto non è altro che un “punto a capo” nonostante tutti i suoi sogni di gloria. Appena una riga più un basso sta per iniziare un’altra storia: un racconto che parla di pace e non di guerra. Punto e a capo, ed ecco che la vita, inarrestabile, riprende il suo corso scrivendo una nuova pagina.
Il dittatore di Gianni Rodari è una filastrocca semplice, eppure quanto fa bene al cuore e quanta lucidità conferisce alla mente in questo delicato momento storico.
L’insegnante-scrittore aveva capito come affrontare le sfide della storia e come spiegarle alle nuove generazioni, con parole consolatorie, a tratti ironiche, ma dense di saggezza:
E il mondo continuò
una riga più in basso.
Curiosamente fino a poco tempo fa questa poesia veniva spesso ricercata come “filastrocca del punto” per spiegare ai bambini le regole base della grammatica. Oggi invece ne riconosciamo il significato più adulto e drammatico, tutto racchiuso nel titolo al di fuori di ogni metafora.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il dittatore” di Gianni Rodari: testo, analisi e significato della poesia
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