La poesia dell’autore libanese Kahlil Gibran può essere letta al pari di un testo sacro, come un breviario laico.
I ventisei testi contenuti nel libro Il Profeta, testamento spirituale di Gibran pubblicato nel 1923, sono dei brevi saggi scritti sotto forma di poesie che ci illuminano sulla varietà di temi, dubbi e domande che costellano l’esistenza.
Nei discorsi del Profeta si mescolano magistralmente la mistica orientale e il pensiero biblico cristiano dando così avvio a un’intensa riflessione spirituale legata alla quotidianità che si esprime al di là dei dogmi religiosi.
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Nel libro Gibran racconta di Almustafa – il Profeta, appunto - che prima di imbarcarsi sulla nave che lo riporterà in patria, la sua “terra di memorie”, si rivolge alla gente di Orphalese, la città dove ha vissuto per oltre dodici anni. Lo scopo del Profeta è rivelare agli abitanti il segreto più profondo dell’uomo e della vita.
Nel brano Il matrimonio Kahlil Gibran, attraverso la voce del suo protagonista Almusafa, spiega la propria visione dell’unione di coppia.
Ne risulta una poesia che spesso viene relegata dietro il placido e idilliaco aggettivo “romantica”, ma che in realtà è molto più che un inno all’amore: è una lezione di vita che intende metterci in guardia dai pericoli della monotonia, dell’omologazione e, soprattutto, dello smarrimento nell’altro.
Matrimonio parla di una coppia, ma vuole predicare - prima di ogni altra cosa - l’importanza della salvaguardia dell’identità personale.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
Il matrimonio di Kahlil Gibran: testo
Allora nuovamente parlò Almitra, e domandò:
Che cos’è il Matrimonio, o Maestro?
Ed egli rispose dicendo:
Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre.
Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, insieme anche nella tacita memoria di Dio.
Ma vi siano spazi nella vostra unione,
e fate che i celesti venti danzino tra voi.Amatevi reciprocamente, ma non fate dell’amore un laccio:
Lasciate piuttosto che vi sia un mare in moto tra le sponde delle vostre anime.
Riempia ognuno la coppa dell’altro, ma non bevete da una coppa sola.
Scambiatevi il pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.
Cantate e danzate e siate gioiosi insieme, ma che ognuno di voi resti solo,
così come le corde di un liuto son sole benché vibrino della stessa musica.Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro.
Poiché solo la mano della Vita può contenere entrambi i cuori.
E restate uniti, benché non troppo vicini insieme,
poiché le colonne del tempio restano tra loro distanti,
e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro.
Il matrimonio di Kahlil Gibran: analisi
Il profeta Almustafa viene nuovamente interrogato dall’indovina Almitra, colei che per prima aveva creduto in lui. Stavolta la domanda di Almitra non riguarda l’amore né la morte, ma l’unione di coppia, infatti chiede al Maestro: cos’è il matrimonio?
La risposta di Almustafa è, ancora una volta, articolata e complessa e dà adito a una riflessione inattesa. Attraverso il suo Profeta, Gibran infatti non ci parla dell’unione amorosa ma tutt’altro: rivendica, nell’unione, la necessità di preservare l’identità personale per evitare di cadere nell’abisso più rischioso, ovvero l’annullamento nell’altro.
Con saggezza Gibran invita gli esseri umani a non commettere l’errore di proiettare nell’altro le proprie aspirazioni, i propri bisogni e necessità fino a farne un pallido riflesso di se stessi. L’Altro - osserva il Profeta - è al mondo per completarci, non per divenire la nostra copia.
Proprio per questo l’autore si premura di ricordare che l’unità risiede nella distinzione. Perché solo attraverso il contatto con il diverso da noi possiamo conservare e definire la nostra identità individuale che è unica, per definizione, e si realizza attraverso il contrasto.
Datevi il cuore, ma l’uno non sia in custodia dell’altro.
Il messaggio finale di Kahlil Gibran è un invito a un’unione che non sia possesso né appropriazione dell’altro. Il matrimonio, dice il poeta, non deve essere un laccio che tiene l’altro membro della coppia legato come in una prigione. Perché questo avvenga è importante che entrambe le parti rivendichino la propria solitudine: nella corretta distanza, il saggio poeta libanese vede l’equilibrio necessario perché la coppia sopravviva con tenacia alle avversità.
Non è quindi nella fusione reciproca che Gibran vede il significato dell’unione matrimoniale, ma nella corretta ed equilibrata distanza, come dimostra la metafora conclusiva delle due colonne che insieme sorreggono il tempio.
Dunque solo diventando esseri compiuti, in se stessi realizzati, si può veramente accogliere l’Altro che diventa così un nostro completamento e non il riflesso di tutto ciò che vorremmo essere e non siamo.
Spesso erroneamente concepiamo l’Amore come un’esperienza totalizzante volta a compensare le nostre mancanze. Il saggio profeta invece ci invita a una visione più matura e consapevole: l’amore non è annullamento, ma sostegno reciproco, persino nelle differenze.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il matrimonio”: la poesia di Kahlil Gibran sul senso dell’unione
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