Se nessuno parla di cose meravigliose di Jon McGregor

In una cittadina inglese diverse persone che vivono sulla stessa strada sono impegnate in ordinari gesti di vita quotidiana. Un signore vernicia delle finestre arrampicato su una scala, dei bambini giocano a cricket, alcuni studenti si preparano ad un trasloco, due anziani si risvegliano lentamente e un ragazzo riordina la sua strana collezione di oggetti e fotografie. Le loro esistenze scorrono vicine senza mai toccarsi davvero in una tranquilla giornata estiva, ma la quiete sta per essere spezzata da un tragico evento.

Il romanzo d’esordio di Jon McGregor, scrittore britannico classe 1976, è un lungo poema in prosa in cui un narratore esterno, come se muovesse una macchina da presa inquadrando uno dopo l’altro diversi angoli di uno stesso micromondo, racconta un giorno nella vita di una serie di personaggi senza nome, identificati solo tramite il numero civico della loro abitazione o un dettaglio fisico. Alla sua voce si intervalla quella di una ragazza alle prese con una gravidanza inaspettata, frutto dell’avventura di una notte. La giovane fa riferimento in alcuni momenti ad un particolare fatto accaduto anni prima e si capisce lentamente che la giornata descritta nel resto del romanzo è proprio quella segnata dal dramma a cui lei allude.
“Se nessuno parla di cose meravigliose” è un’ode all’ordinario, a quella normalità spesso svilita in cui si cela la meraviglia, difficile da cogliere mentre ci si perde a dirigere lo sguardo altrove, aspettando il prodigioso arrivo di qualcosa che in realtà è già di fronte a noi.

I personaggi sono vittime dell’incapacità di esprimersi e di stabilire una connessione con gli altri. Angosciati da paure passate o recenti, alcuni lottano per trovare la forza di aprirsi con i propri genitori o il compagno di una vita e altri osservano da lontano uno sconosciuto senza avere il coraggio di avvicinarsi e tendere la mano. Questo senso di incomunicabilità, con il peso che deriva dal dover tenere tutto per sé non sapendolo condividere, percorre la prosa estremamente poetica e musicale del romanzo. Jon McGregor descrive con empatia e dolcezza le cose, i gesti e i pensieri del quotidiano e fa esordire le sue tante storie intrecciate anticipando un evento terribile che si rivela solo nel finale e carica di tensione il resto della narrazione, come se su di essa pendesse una catastrofe pronta a scoppiare e mandarla in frantumi.
E così, aspettando di scoprire cosa sia successo in questo fatidico giorno, siamo sospinti a proseguire nella lettura, arrivando a capire nel frattempo che la meraviglia può rivelarsi nel momento e nel posto più inaspettati.