Il concetto di sublime è stato meravigliosamente espresso da Percy Bysshe Shelley nel poema dedicato al Monte Bianco, dal titolo Mont Blanc, composto nel 1816, e conosciuto in Italia anche come “Ode al Monte Bianco”.
Dinnanzi allo spettacolo possente della montagna il poeta inglese prova quel peculiare sentimento, misto di terrore e piacere, capace di innalzare l’animo umano verso l’infinito. La tensione spirituale diventa così una forma bramosa di desiderio, l’attrazione smisurata dell’uomo per qualcosa che comprende essere più grande di sé: un’esigenza esistenziale del superamento dei limiti imposti dalla propria condizione mortale.
Il titolo originale dell’ode è Mont Blanc: Lines written in the vale of Chamouni, Percy Bysshe Shelley la compose tra il mese di luglio e il mese d’agosto del 1816. L’ispirazione per il componimento venne a Shelley da un’esperienza autobiografica: aveva infatti appena scalato il Monte Bianco dal versante francese in una lunga escursione cui aveva partecipato anche la moglie Mary Shelley.
Il poeta inglese scrisse il lungo poema di getto, in risposta ai versi scritti da Coleridge, scosso dalla profonda emozione suscitata in lui dalla visione del massiccio montuoso. A differenza di Coleridge, Shelley non parla del divino ma dell’impulso vitalistico della natura: la sua è una poesia atea, in cui la natura si crea da se stessa e non guidata dalla mano di Dio. Il sublime nell’opera di Shelley è scandagliato dal raziocinio della mente che trasforma l’intero universo in un’impressione analitica.
La parola chiave del poema è proprio da “the mind”, la mente, che riordina la realtà distinguendo tra impressione fenomenologica e la realtà implicita, non manifesta, che Shelley chiama “la forza segreta delle cose”. La visione del Monte Bianco consente di attingere a questa dimensione segreta: nella materia granitica della montagna si annida la percezione dell’infinità del tutto.
La forza segreta delle cose
che governa il pensiero, e che è una legge
dell’infinita volta del cielo, abita in te!
Il Monte Bianco nelle parole di Percy Bysshe Shelley
L’incanto maestoso della montagna, simile a un’immensa cattedrale di ghiaccio, lascia attonito il poeta che si abbandona a una contemplazione commossa che sconfina nella perdizione. La bellezza assume le sembianze di un’illuminazione misteriosa, qualcosa che turba e al contempo attrae irresistibilmente, un contatto che brucia come quando le falene si avvicinano troppo alla luce in una sera d’estate. Al cospetto di quell’immenso monumento granitico fatto di ghiaccio e rocce Percy Bysshe Shelley sente di aver raggiunto una dimensione metafisica, che lo avvicina a uno spazio simile a un regno divino. Ricordiamo che Shelley era ateo e non credeva nella presenza di alcuna entità trascendente, eppure in quel momento gli pare di trovarsi a un passo dal paradiso.
Attraverso le parole il poeta inglese trasforma l’incanto ipnotico della montagna in un’emozione estrema che solo chi ha provato un simile rapimento, scalando le vette innevate, può comprendere:
Il mare, o piuttosto il largo fiume di ghiaccio, si snodava tra le montagne le cui cime aeree si libravano sopra le insenature. I loro picchi ghiacciati e scintillanti spendevano alla luce del sole al di sopra delle nuvole. Il mio cuore, prima così triste, si gonfiava ora di qualcosa di simile alla gioia.
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L’ode al Monte Bianco di Percy Bysshe Shelley è un lungo poema composto di cinque stanze in cui la descrizione naturalistica lascia spazio alla percezione emotiva-sensoriale. Shelley descrive il Monte Bianco come se fosse un luogo della mente.
La montagna diventa espressione di un ideale filosofico dell’universo, come dimostra il folgorante incipit:
L’incessante universo delle cose
scorre attraverso la mente.
Tempo e spazio assumono quindi una dimensione fluida, liquida, legata al continuo movimento di rigenerazione della natura. Il Monte Bianco diventa quindi espressione di una dimensione metafisica. Trasforma la montagna in una metafora Shelley compone la lirica più raffinata della parabola romantica.
Nessun termine nel lungo poema è lasciato al caso. Shelley attraverso la descrizione del Monte Bianco esprime la propria cosmologia data dalla vitalità continua della natura in cui ogni elemento si trasfonde nell’altro in un ciclo eterno di rinnovamento. L’aria diventa fuoco e il fuoco terra.
La visione del Monte Bianco per il poeta inglese suggella l’incontro con il sublime: l’esperienza suprema della bellezza che provoca turbamento, scuotendo il cuore come una corda, spalancando il baratro dell’infinito. Dinnanzi alla montagna il poeta finalmente afferra il concetto inconcepibile dell’eterno che si spalanca dinnanzi alla mente umana come un abisso.
Riportiamo di seguito i significativi versi della V e ultima stanza del poema.
“Ode al monte Bianco” di Shelley: V stanza
Il Monte Bianco luccica in alto: -qui giace il potere,
il silenzioso e solenne potere di numerosi sguardi,
e numerosi rumori, molto della vita e della morte.
nella tranquilla oscurità delle notti senza luna,
nel bagliore solitario del giorno la neve cade
su questa Montagna; nessuno qui li contempla,
nemmeno quando i fiocchi bruciano nel sole al tramonto,
o quando i raggi delle stelle li trafiggono: -i venti qui combattono
silenziosamente, e ammucchiano neve con respiro
rapido e intenso, ma silenziosamente! La sua casa
mantiene innocentemente i muti lampi
in questa solitudine, e come il vapore indugia
sulla neve. La forza segreta delle cose
che governa il pensiero, e che è una legge
dell’infinita volta del cielo, abita in te!
E cosa saresti tu (Monte Bianco), e la terra, e le stelle, e il mare,
se per l’immaginazione della mente umana
silenzio e solitudine fossero vacuità?
Potremmo immaginare Percy Bysshe Shelley come il Viandante sul mare di nebbia dipinto da Caspar David Friedrich nel 1818, quindi poco tempo la composizione di questa ode. Leggendo Ode al Monte Bianco non si può fare a meno di pensare a quel quadro che si dipinge da sé materializzandosi nella mente: nel poema di Shelley come nel quadro di Friedrich l’uomo rimane annichilito dinnanzi allo spettacolo della natura che lo sovrasta invincibilmente, esprimendo il mistero dell’universo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ode al Monte Bianco” di Percy Bysshe Shelley: testo e analisi del poema
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