Come scrivere un romanzo giallo o di altro colore
- Autore: Hans Tuzzi
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2017
Hans Tuzzi, con la scusa di aiutare colleghi a scrivere romanzi gialli, scrive del suo amore assoluto per la letteratura.
Lo scrittore non ha dubbi: per scrivere un romanzo ci vuole un talento innato, non bastano le scuole di scrittura alla Holden, né serve leggere come indemoniati, né fare i naif (alla Mauro Corona, per intenderci).
Anzi è quasi crudele quando si scrive anche se non si è letto almeno “Guerra e Pace” di Tolstoj a quindici anni; è inutile pensare che si possano scrivere di libri, ovvero fare il critico letterario.
Hans Tuzzi dà una precedenza imperiosa allo stile e scrive:
“Noi sappiamo che un bel libro ha un suo stile, senza capire esattamente in che cosa consista. Ed è proprio lì che sta la letteratura. Lo stile può sedurre o può respingere, ma l’assenza di stile, sostiene Andrè Breton, si riconosce dalla prima pagina”.
Non c’è scampo; anche altri prima di lui sapevano - e anche noi lettori comuni sappiamo - che se la prima pagina non funziona, difficilmente il libro potrà migliorare andando avanti.
In secondo luogo, la struttura del libro. Non ci sono libri belli che non hanno una ossatura iniziale: possono esserci ma, allora, sono pagine di diario di un famoso scrittore che poi sono state pubblicate, o note a margine, o impressioni raccontate a un quotidiano cartaceo.
Un libro non ha falle, sappiamo dall’inizio perché ci sarà quella scena a pagina 230, non ci si arriva per caso.
Al contempo però Hans Tuzzi parla anche del levare, più levi e più il libro diventa bello e qui apre proprio un dibattito: tolti i classici russi, tutti capolavori, cos’è questa mania non solo italiana di scrivere anche oltre le ottocento pagine? Cosa si vuole dimostrare con questi romanzi monstre che, per forza di cose, cadono nel ripetitivo (cattivello, anche se lo fa capire per enigmi, si rivolge a “La scuola cattolica” di Edoardo Albinati, Premio Strega 2016).
Non ci vuole molto per l’autore a cadere nell’elitarismo: pochi possono capire le sottigliezze de “La cognizione del dolore” di Gadda, non parliamo di Musil o de “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov o dello stile e della struttura di “Lolita” di Nabokov (il lettore medio, per quest’ultimo libro, ha occhi solo le parti scabrose, i dialoghi piccanti).
Alla fine dare delle soluzioni per un romanzo giallo è un esercizio semplice: procrastinare gli indizi che portano all’assassino, non trattare il lettore come un idiota, spiattellando subito il motivo del delitto.
Ci siamo capiti, gialli sì, ma gialli d’autore, come li scrive Hans Tuzzi.
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