Che tu sia per me il coltello
- Autore: David Grossman
- Categoria: Narrativa Italiana
Trama - Una sera Yair, nel cortile di una scuola, vede una donna in carne e rimane colpito da come lei, per un brivido di freddo, si stringe le spalle nello scialle. Comincia a scriverle delle lettere e la donna, Miriam, risponde.
Le lettere di Yair sono forti, ossessive, ma taglienti come coltello. E via via che prendono corpo, quest’uomo si rende conto che sì, aveva ragione, quella sera nel cortile di quella scuola aveva trovato il suo luz. Per gli antichi saggi il luz era un ossicino posto all’estremità della spina dorsale e non si decomponeva mai. Né con la morte, né nel fuoco. Per anni, Yair cerca il suo luz. Non lo trova nel suo corpo. E la sera che vede Miriam, capisce che il suo luz non è il lui, ma bensì in un’altra persona.
Che tu sia per me il coltello di David Grossman è un romanzo epistolare, bellissimo, impudico, davanti al quale ci si deve inchinare, perché avvertiamo e comprendiamo, insieme ai protagonisti, il valore della parola scritta. La seduzione, l’amore, la sensualità e la nudità che possono scaturire da una lettera o anche da una semplice frase, quando a scriverla è stato qualcuno che ha messo da parte la paura, il pudore e ha deciso che delle sue parole poteva farne coltello per toccare, tagliare e penetrare un altro essere. Libro che mi ha cambiato, in parte, la vita. Potrei non amarlo così come lo amo?
Il titolo del romanzo richiama le Lettere a Milena di Franz Kafka: nelle lettere d’amore indirizzate a Milena Jesenská, leggiamo:
Amore è il fatto che tu sia per me il coltello col quale frugo dentro me stesso.
Che tu sia per me il coltello
Amazon.it: 13,77 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Che tu sia per me il coltello
Lascia il tuo commento
un fiume di parole in piena che travolge il lettore, un’introspezione profonda,spudorata ,spietata...ammetto di aver avuto un’indigestione postuma da libri di tal genere...un Grossman magnifico!
Che dire ancora di questo libro, quando ormai si sono spese tante, tantissime parole per definirlo, per elogiarlo e perchè no, per criticarlo? E’ un libro che si ama o si detesta, lo si era già capito e io personalmente l’ho amato in maniera viscerale, l’ho vissuto, l’ho sentito mio, addosso, mi è penetrato tra i tessuti, nel sottopelle, mi sono lasciata scavare dal coltello la scorza dura, qualsiasi traccia d’impurità è scomparsa, mentre procedevo nella lettura e ho lasciato che le parole piovessero dentro e fuori di me, come un acquazzone.
La seduzione delle parole, il potere travolgente delle parole, che prendono corpo, ne senti la fisicità ovunque, nelle lettere di Yair a Miriam, in cui lui si svela in tutta la sua fragilità e debolezza, passando attraverso l’insolenza e la durezza iniziale. Certo lui è avvantaggiato, a differenza di lei, lui l’ha vista, e l’ha scelta come confidente del suo vissuto, del suo privato, Miriam accetta di farvi parte, anche se non è facile, Yair è piuttosto umorale, passa repentinamente dalla dolcezza alla violenza verbale, è invadente, non rispetta i tempi, non sa attendere, si pente di averle scritto alcune cose, infatti la parte dedicata a lui è molto più vasta di quella di lei. Ma a Miriam non occorre tanTo spazio, è intuitiva, riflessiva, caparbia, molto più di lui.
Rimangono le parole, che due sconosciuti si sono scambiati e che li ha uniti, forse molto più che un rapporto reale.
un libro che consiglio.
"Che tu sia per me il coltello" di David Grossman è un romanzo intenso,basato sulle lettere che il protagonista Yair inizia a scrivere ad una donna,Myriam, vista in un cortile di una scuola,proponendole un rapporto epistolare profondo,tutto loro,svincolato dalle implicazione del conoscersi e/o frequentarsi realmente.Una storia delicata,dove la parola scritta assume toni seduttivi più di ogni qualsiasi seduzione comune,in cui l’altro diviene il coltello con cui scavare dentro se stessi.
Chi ha intrattenuto nella vita una corrispondenza epistolare intima e profonda, così diversa dallo scambio di "chat" attuali, molto spesso niente altro che vuoto cicaleggio, non può non amare questo romanzo di David Grossman, "Che tu sia per me il coltello" (Mondadori, pp. 326, 2007). La frase, tratta da una lettera di Kafka a Milena, esprime quanto possa essere totale la vicinanza tra due anime, il loro reciproco scavo, che realizza fusione e appartenenza ma senza il morso del possesso. Sia lui, Yair, sia lei, Myriam, sono sposati, la loro esistenza è piena, in apparenza, ma entrambi vivono la solitudine umana di cui scrive Montale nella sua nota e stupenda "Ed è subito sera". Si può essere soli pur contornati da parenti e dallo status sociale riempito da molte persone. Yair nota la sconosciuta in un cortile scolastico ed è colpito da un suo gesto, stringersi le spalle tra le braccia, sintomo e simbolo di una freddezza interiore, non solo fisica, non riscaldata dall’uomo che le sta vicino.
Le loro lettere senza censura colmano la distanza e realizzano la fusione del maschile e del femminile, condizione imprescindibile, secondo Jung, per scoprire il proprio Sé, l’interezza. Ciò accade allorché viene portata alla luce l’Ombra, la parte oscura e amorale, nascosta e da nascondere secondo le convenzioni, che alberga in tutti noi, entrando nella psiche senza riguardi, con il coltello appunto. Il bravo chirurgo usa il bisturi.
La loro fuga dal quotidiano limitante esige segretezza e la relazione di sole anime, l’immaginazione al potere, creatrice del corpo e dell’eros, portato al suo culmine dalla parola. Il legame epistolare può durare soltanto "finché il piacere non la renderà insopportabile."
Fra le tante frasi indimenticabili che segnano la mente e insegnano la sapienza, amo ricordare la seguente:
"Considero i rapporti degli altri con me. Per quanto poco sia, qui non c’è nessuno che abbia comprensione di me nel mio complesso. Oh, possedere qualcuno che abbia questa comprensione, non so, una donna, vorrebbe dire essere sostenuto da ogni parte, avere Dio."
Un tale possesso non materiale, meramente ideale, esclude la sopraffazione uno sull’altro. Bellissima la scena sognata dei due in un prato verde, sotto la pioggia purificante. Essi si avvicinano l’uno all’altra e si abbracciano per la prima volta, per la prima volta si scambiano un bacio. Il bacio che ricorda il quadro di Klimt ma pure quello di Hayez, di un romanticismo intramontabile, forse possibile solo sul piano dell’arte, delle condizioni inattuabili, della Parola luminosa autentica che diviene carne, ma il mondo non riceve.
Graziella Atzori
Chi ha intrattenuto nella vita una corrispondenza epistolare intima e profonda, così diversa dallo scambio di "chat" attuali, molto spesso niente altro che vuoto cicaleggio, non può non amare questo romanzo di David Grossman, "Che tu sia per me il coltello" (Mondadori, pp. 326, 2007). La frase, tratta da una lettera di Kafka a Milena, esprime quanto possa essere totale la vicinanza tra due anime, il loro reciproco scavo, che realizza fusione e appartenenza ma senza il morso del possesso. Sia lui, Yair, sia lei, Myriam, sono sposati, la loro esistenza è piena, in apparenza, ma entrambi vivono la solitudine umana di cui scrive Montale nella sua nota e stupenda "Ed è subito sera". Si può essere soli pur contornati da parenti e dallo status sociale riempito da molte persone. Yair nota la sconosciuta in un cortile scolastico ed è colpito da un suo gesto, stringersi le spalle tra le braccia, sintomo e simbolo di una freddezza interiore, non solo fisica, non riscaldata dall’uomo che le sta vicino.
Le loro lettere senza censura colmano la distanza e realizzano la fusione del maschile e del femminile, condizione imprescindibile, secondo Jung, per scoprire il proprio Sé, l’interezza. Ciò accade allorché viene portata alla luce l’Ombra, la parte oscura e amorale, nascosta e da nascondere secondo le convenzioni, che alberga in tutti noi, entrando nella psiche senza riguardi, con il coltello appunto. Il bravo chirurgo usa il bisturi.
La loro fuga dal quotidiano limitante esige segretezza e la relazione di sole anime, l’immaginazione al potere, creatrice del corpo e dell’eros, portato al suo culmine dalla parola. Il legame epistolare può durare soltanto "finché il piacere non la renderà insopportabile."
Fra le tante frasi indimenticabili che segnano la mente e insegnano la sapienza, amo ricordare la seguente:
"Considero i rapporti degli altri con me. Per quanto poco sia, qui non c’è nessuno che abbia comprensione di me nel mio complesso. Oh, possedere qualcuno che abbia questa comprensione, non so, una donna, vorrebbe dire essere sostenuto da ogni parte, avere Dio."
Un tale possesso non materiale, meramente ideale, esclude la sopraffazione uno sull’altro. Bellissima la scena sognata dei due in un prato verde, sotto la pioggia purificante. Essi si avvicinano l’uno all’altra e si abbracciano per la prima volta, per la prima volta si scambiano un bacio. Il bacio che ricorda il quadro di Klimt ma pure quello di Hayez, di un romanticismo intramontabile, forse possibile solo sul piano dell’arte, delle condizioni inattuabili, della Parola luminosa autentica che diviene carne, ma il mondo non riceve.
Graziella Atzori
Chi ha intrattenuto nella vita una corrispondenza epistolare intima e profonda, così diversa dallo scambio di "chat" attuali, molto spesso niente altro che vuoto cicaleggio, non può non amare questo romanzo di David Grossman, "Che tu sia per me il coltello" (Mondadori, pp. 326, 2007). La frase, tratta da una lettera di Kafka a Milena, esprime quanto possa essere totale la vicinanza tra due anime, il loro reciproco scavo, che realizza fusione e appartenenza ma senza il morso del possesso. Sia lui, Yair, sia lei, Myriam, sono sposati, la loro esistenza è piena, in apparenza, ma entrambi vivono la solitudine umana di cui scrive Montale nella sua nota e stupenda "Ed è subito sera". Si può essere soli pur contornati da parenti e dallo status sociale riempito da molte persone. Yair nota la sconosciuta in un cortile scolastico ed è colpito da un suo gesto, stringersi le spalle tra le braccia, sintomo e simbolo di una freddezza interiore, non solo fisica, non riscaldata dall’uomo che le sta vicino.
Le loro lettere senza censura colmano la distanza e realizzano la fusione del maschile e del femminile, condizione imprescindibile, secondo Jung, per scoprire il proprio Sé, l’interezza. Ciò accade allorché viene portata alla luce l’Ombra, la parte oscura e amorale, nascosta e da nascondere secondo le convenzioni, che alberga in tutti noi, entrando nella psiche senza riguardi, con il coltello appunto. Il bravo chirurgo usa il bisturi.
La loro fuga dal quotidiano limitante esige segretezza e la relazione di sole anime, l’immaginazione al potere, creatrice del corpo e dell’eros, portato al suo culmine dalla parola. Il legame epistolare può durare soltanto "finché il piacere non la renderà insopportabile."
Fra le tante frasi indimenticabili che segnano la mente e insegnano la sapienza, amo ricordare la seguente:
"Considero i rapporti degli altri con me. Per quanto poco sia, qui non c’è nessuno che abbia comprensione di me nel mio complesso. Oh, possedere qualcuno che abbia questa comprensione, non so, una donna, vorrebbe dire essere sostenuto da ogni parte, avere Dio."
Un tale possesso non materiale, meramente ideale, esclude la sopraffazione uno sull’altro. Bellissima la scena sognata dei due in un prato verde, sotto la pioggia purificante. Essi si avvicinano l’uno all’altra e si abbracciano per la prima volta, per la prima volta si scambiano un bacio. Il bacio che ricorda il quadro di Klimt ma pure quello di Hayez, di un romanticismo intramontabile, forse possibile solo sul piano dell’arte, delle condizioni inattuabili, della Parola luminosa autentica che diviene carne, ma il mondo non riceve.
Graziella Atzori