Elogio dell’inconscio. Dodici argomenti in difesa della psicoanalisi
- Autore: Massimo Recalcati
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
Talvolta capita d’imbattersi in un libro che all’apparenza si mostra come un saggio; man mano che lo si legge, però, si intuisce quanto ciò che vi è scritto vada oltre.
Non si tratta certo di un romanzo o di un lavoro di fantasia, sicuramente si basa su teorie scientifiche, ma sfiorando la metafisica e intrecciandosi con la filosofia riesce a toccare il lettore nell’anima, raggiungendo così la sua finalità intrinseca. Questo è il caso di “Elogio dell’inconscio” (Bruno Mondadori, 2007) – Dodici argomenti in difesa della psicoanalisi, di Massimo Recalcati, psicanalista lacaniano dotato di spiccate qualità comunicative.
Eccoli, allora, i dodici argomenti a difesa di una pratica che come scienza nasce alla fine dell’ottocento grazie a Sigmund Freud, ma che affonda le sue radici nella letteratura universale dei secoli precedenti, dall’Illuminismo al Romanticismo. Una pratica che oggi sembra essere superata dal progresso delle neuroscienze, dall’uso (abuso?) degli psicofarmaci, dall’incapacità dell’uomo contemporaneo di riconoscere la malattia psichica come sintomo di allontanamento dalla propria anima, e la sua guarigione, un percorso di crescita legato alla consapevolezza.
L’inconscio - che l’autore ci esorta a non confondere con il subconscio, ossia il sottosuolo della coscienza - rappresenta il desiderio soggettivo di ogni creatura,
“il carattere irriducibile della particolarità dell’individuo.”
La malattia psichica non scaturisce dalla fragilità dell’io quanto da un suo rafforzamento eccessivo che porta all’indietreggiamento del soggetto rispetto all’assunzione del proprio desiderio.
Allontanarsi inesorabilmente da ciò che si è.
Interessante l’interpretazione della differenza tra la realtà e il reale, quando per realtà s’intende il quotidiano, tutto ciò a cui la vita sociale ci abitua e che, se da una parte sembra toglierci libertà, dall’altra ci rassicura, mentre per reale s’intende tutto ciò che la vita può portare come evento eccezionale: un amore, una nascita, un lutto, una malattia:
“è il reale che in ogni caso ci sveglia dal sonno della realtà.”
Viviamo ormai in una società dai tratti nevrotici: quante volte si è incapaci di gestire la felicità, ossia il raggiungimento del nostro intimo desiderio, delegando costantemente all’altro la sua realizzazione? O delegando al consumismo eccessivo il soddisfacimento illusorio dei nostri reali bisogni? Quante volte si è spaventati dalla solitudine che scaturirebbe dall’assunzione consapevole del nostro ‘desiderio’, quando questo si scosta dai dogmi sociali di appartenenza? Quanto temiamo la diversità negli altri perché incapaci di accettare quella che campeggia in noi?
Una società nevrotica, appunto, che sembra aver perso i fondamenti dei propri valori, se per valore s’intende la realizzazione e la consapevolezza di sé nel rispetto degli altri perché, scevri da ogni giudizio morale, ancora capaci di provare gratitudine e di saper perdonare; distinguere il bene dal male riconoscendo entrambi le forze come parti della nostra natura, da cui l’esercizio del libero arbitrio.
L’io che tiene conto dell’esistenza del proprio inconscio, e non lo nega creando le storture dell’essere, costituisce la base individuale dell’evoluzione collettiva.
E’ così che la psicanalisi sostiene l’etica della responsabilità, asserendo alcuni fondamenti di base: limite, mancanza, assunzione della propria responsabilità, consapevolezza e rispetto del proprio desiderio, dimenticanza come lavoro della memoria per lasciarsi essere nel presente.
“L’inconscio è un’occasione da produrre, un sogno da realizzare, un incentivo alla trasformazione”
“e per quanto sembri legato essenzialmente al passato, è invece tutto ciò che deve ancora avvenire”
e una volta ancora ecco che il passato non è un concetto immutabile ma può cambiare a seconda di come viene usato nel presente.
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