Febbre di Maurizio de Giovanni

Maurizio de Giovanni è un quotato autore di gialli che ho scoperto grazie a Weekend in giallo, la bella iniziativa del quotidiano "La Stampa" di pubblicare autori di gialli italiani il sabato e la domenica "Weekend in giallo".
Febbre è un breve romanzo che ha come protagonista il commissario barone Ricciardi, nobile che è entrato in polizia per vocazione e che ha la facoltà di mettersi in contatto con le vittime e dagli uccisi farsi insegnare i modi per arrivare alla verità della loro morte, un dono che il protagonista sente come pesante e a volte terribile.

In Febbre, ambientato nella Napoli degli anni Trenta, si parla della febbre del gioco d’azzardo, che distrugge fortune e uccide persone innocenti. A Napoli ciò è particolarmente vero nel gioco del lotto, che assume una dimensione metafisica collegato com’è al mondo dei sogni e della morte. E l’illusione della ricchezza rende persone degne degli esseri avidi e spietati.
Ricciardi una domenica pomeriggio riceve una telefonata dal suo sottoposto che gli dice che è stato ucciso Giacomo lo cecato, un assistito e cioè uno che parla con le anime del Purgatorio per farsi dare i numeri del lotto. L’uomo era stato trovato ammazzato nella stanzetta sopra la Ricevitoria del lotto che gli era stata affittata dai proprietari, fratello e sorella.
Prima di morire l’assistito dice tre numeri (19, 9 21), che rappresentano il suo dramma. Ricciardi intanto sente le voci del morto e del suo assassino, ma non le ascolta subito, perdendosi in una pista sbagliata. Razionalmente si dice che la febbre del gioco d’azzardo coinvolge tutti quanti, ricchi e poveri e il commissario arriverà a sospettare di una coppia nobile e spiantata. Ma la febbre può essere qualsiasi passione...

Che dire? Il commissario Ricciardi è un bel personaggio e gli ambienti sono descritti con pochi tratti, ma in modo efficace; lo stile è accattivante. Mi ha colpito l’idea che ognuno ha una "febbre" che può salvarlo o distruggerlo: un concetto metafisico.
Bello e coinvolgente.