Giuro che non avrò più fame
- Autore: Aldo Cazzullo
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2018
“L’Italia della Ricostruzione” è il sottotitolo di “Giuro che non avrò più fame” (Mondadori 2018, pp. 254, 18,00 euro) di Aldo Cazzullo, editorialista del “Corriere della Sera”, giornalista e saggista nato ad Alba nel 1966, attenta riflessione sull’Italia di settant’anni fa, com’eravamo e come siamo ora. Quindi leggere il passato per orientare il futuro.
Anche oggi siamo un Paese da ricostruire. Vediamo come abbiamo fatto l’altra volta.
Partendo da questa riflessione l’autore in queste pagine racconta l’anno-chiave della Ricostruzione, il 1948. Lo scontro del 18 aprile tra democristiani e comunisti, esattamente 70 anni fa, quando gli italiani furono chiamati a votare per la prima volta dopo l’entrata in vigore della Costituzione. L’attentato a Palmiro Togliatti e l’insurrezione che seguì. La vittoria al Tour de France di Gino Bartali che calmò gli animi assetati di vendetta e l’era dei campioni poveri: Fausto Coppi e il Grande Torino, cui restava un anno di vita. Le figure dei Grandi Ricostruttori, da Valletta a Enrico Mattei, da Olivetti a Einaudi. Il celebre discorso di Alcide De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi il 10 agosto 1946: “Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”, esergo del testo.
Il ruolo fondamentale delle donne, le cui condizioni di vita erano durissime, anche se iniziavano allora ad affacciarsi alla vita pubblica, da Lina Merlin, prima donna a essere eletta al Senato, che si batte contro le case chiuse, alla giovane attrice Anna Magnani che porta al cinema la vita vera con “Roma città aperta”. La Dama Bianca, Giulia Occhini, colpevole di adulterio, innamorata ricambiata di Fausto Coppi. L’epoca della rivista: Wanda Osiris e Totò, Macario e Govi, il giovane Alberto Sordi e Nilla Pizzi. “Un’Italia che sapeva ridere”, precisa l’autore.
Emblematico il titolo del saggio. Il primo film che le spettatrici italiane andarono a vedere dopo la fine della II Guerra Mondiale fu “Via col vento”, kolossal americano del 1939 diretto da Victor Fleming, adattamento dell’omonimo romanzo del 1936 di Margaret Mitchell. Molte spettatrici s’identificarono in una scena: Rossella O’Hara/Vivien Leight torna nella sua fattoria, Tara, la trova distrutta, e siccome non mangia da giorni, strappa una piantina, ne rosicchia le radici, la leva al cielo e grida: “Giuro che non soffrirò mai più la fame!”. Al pari dell’eroina di “Gone with the wind” quel giuramento collettivo fu ripetuto da milioni di italiane e di italiani. Fu così che settant’anni fa venne ricostruito un Paese distrutto, che aveva perso una guerra mondiale.
Così scrive Cazzullo:
Avevamo 16 milioni di mine inesplose nei campi. Oggi abbiamo in tasca 65 milioni di telefonini, più di uno a testa, record mondiale. Solo un italiano su 50 possedeva un’automobile. Oggi sono 37 milioni, oltre a uno su due. Eppure eravamo più felici di adesso
Inevitabile il parallelo con i giorni nostri. Ora l’Italia è di nuovo un Paese da ricostruire. La lunga crisi economica ha fatto danni paragonabili a quelli di una guerra per non parlare delle macerie morali. Per questo occorre ritrovare l’energia e la fiducia in noi stessi di cui siamo stati capaci allora. I veri protagonisti del libro sono i nostri nonni con la loro straordinaria capacità di lavorare e anche di tornare a ridere. Il racconto di un tempo in cui a Natale si regalavano i mandarini, ci si spostava in bicicletta, la sera si ascoltava tutti insieme la radio e intanto si faceva dell’Italia un Paese moderno.
Gli italiani di quella straordinaria stagione avevano il senso del riscatto e fiducia nell’avvenire, bisognerebbe ritrovare quello spirito. Nel nostro Paese si parla poco del periodo della Ricostruzione, sbagliando
Così ha dichiarato Cazzullo in una recente intervista.
La notte di Natale del 1948, accanto al presepio, l’albero non si usava, la maggioranza dei bambini italiani trovò come regalo un sacchetto di mandarini. A volte nemmeno quelli. Iva, una bambina di Gallicano, in Garfagnana, che allora aveva dieci anni e ora ne ha ottanta, ricorda un sacchetto di fichi secchi, ceci, castagne. Sulle Langhe la piccola Anna ebbe una mucca di terracotta piena di caramelle. Riccardo, sette anni, di Molfetta, ricevette in dono un violino. Pianse e si lamentò: voleva un fucile di legno con il tappo. «Riccardo non è portato per la musica» commentò sconsolato il padre, un medico. Di cognome si chiamava Muti.
Giuro che non avrò più fame. L'Italia della Ricostruzione
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